Gli Stati Uniti sono pronti a ritirare le proprie truppe dalla Siria. Lo ha di fatto annunciato il presidente Donald Trump attraverso una serie di Twitter, specificando come l’Isis sia ormai stato sconfitto e come i militari a stelle e strisce debbano tornare dai propri cari. Una notizia che non è stata presa affatto bene dalle milizie curde, che da anni combattono a fianco degli americani. Secondo gli stessi, infatti, il ritiro è prematuro e pericolo: «La guerra all’Isis – si legge su un comunicato diffuso stamani dai vertici delle Forze democratiche siriane (Sdf), milizie curde e arabe guidate dal Pkk – non è terminata. Lo ‘Stato islamico’ non è stato sconfitto». Sulla vicenda si è espresso anche Avigdor Lieberman, ex ministro della difesa israeliana, secondo cui il ritiro delle forze armate Usa potrebbe portare ad una guerra al nord fra Israele e le forze sostenute dall’Iran: «Il ritiro – le sue parole alla radio israeliana – accresce in maniera significativa la possibilità di un conflitto totale al nord: sia in Libano sia in Siria». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



USA, RITIRO TRUPPE USA: TANTI I DUBBI

E’ iniziato ufficialmente il ritiro delle truppe USA dalla Siria, nonostante il Pentagono sia contrario. Il presidente Donald Trump, in uno dei suoi molteplici tweet, ha annunciato di aver sconfitto l’Isis e che l’esercito degli Stati Uniti non è più necessario in quella zona del mondo. Al momento vi sono circa 2mila soldati nella zona nord orientale della Siria, sul confine con l’Iraq, l’ultima roccaforte dello Stato Islamico, ma fra pochi mesi potrebbero non esservene più. Molti i risvolti negativi, a cominciare dal futuro delle milizie curde dell’Ypg, alleati degli Usa nella lotta all’Isis, che rimarrebbero esposte e indifese all’offensiva turca, che le considera invece dei semplici terroristi e che sarebbe pronta ad invadere la zona nord-orientale siriana. Stando a quanto spiegato dal presidente Erdogan nella giornata di venerdì scorso, Trump avrebbe tra l’altro già dato il proprio consenso all’offensiva di Istanbul, a patto però che non metta a rischio l’incolumità dei soldati americani. Se ciò avvenisse, secondo i vertici del Pentagono, gli USA perderebbe credibilità, e nessuno vorrebbe più combattere al fianco degli Stati Uniti. Infine, ultimo aspetto ma non per ordine di importanza, abbandonare la Siria significherebbe lasciare campo libero alla Russia. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



USA, RITIRO TRUPPE USA: PENTAGONO CONTRARIO

Il ritiro delle truppe Usa dalla Siria è un regalo alla Russia e all’Iran? A paventare questo rischio di natura geopolitica a Donald Trump è stato in una serie di colloqui il segretario alla Difesa in persona, James Mattis, che vanamente insieme ad altri funzionari del Pentagono ha provato a spiegare che un ritiro integrale degli americani consentirebbe ai rivali storici di Washington di ampliare il proprio controllo sul Paese di Bashard Al Assad. Tutti i dubbi del Pentagono sono stati confermati anche Diana White, portavoce del Dipartimento della Difesa, che ha contestato la visione di Trump, secondo cui gli Usa avrebbero sconfitto il Califfato in Siria: “La lotta all’Isis non è finita, anche se la coalizione ha liberato alcuni territori che erano in mano all’organizzazione”. La portavoce ha comunque confermato gli Usa “hanno iniziato il processo di rientro delle truppe e si avviano alla prossima fase della campagna”. (agg. di Dario D’Angelo)



USA, “INIZIATO RITIRO TRUPPE USA DA SIRIA”

Adesso è ufficiale: il ritiro delle truppe Usa dalla Siria è iniziato. Lo ha comunicato la Casa Bianca con una nota pochi minuti fa: “Abbiamo iniziato a riportare a casa i soldati degli Stati Uniti mentre passiamo alla fase successiva di questa campagna”. Da Washington aggiungono:”Cinque anni fa, l’Is era una forza estremamente potente e pericolosa in Medio Oriente. Ora gli Stati Uniti hanno sconfitto il califfato”. Una dichiarazione roboante, sulla stregua del cinguettio pubblicato su Twitter da Donald Trump alcune ore fa:”Abbiamo sconfitto l’Isis in Siri, la mia unica ragione per stare lì durante la Presidenza Trump”. Una decisione, quella assunta dal tycoon newyorchese, che secondo i media americani sarebbe stata fortemente sconsigliata dai vertici militari Usa, che invano hanno tentato di spiegare a Trump che il ritiro delle forze militari sarebbe stato di fatto “un tradimento per gli alleati curdi”, che dopo aver operato fianco a fianco con gli americani in Siria rischiano ora di subire l’offensiva turca. (agg. di Dario D’Angelo)

SIRIA, ISIS HA UCCISO 700 PRIGIONIERI

Sono circa 700 i prigionieri uccisi dall’Isis in Siria negli ultimi due mesi. Sono i numeri inquietanti diffusi in queste ore dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Stando a quanto fornito dall’organizzazione che ha sede nel Regno Unito, lo Stato Islamico avrebbe di fatto ucciso più della metà dei suoi 1350 prigionieri fra civili e militari, catturati e trattenuti in un territorio sul confine con l’Iraq, nella Siria orientale. Si tratta di una striscia di terra controllata dai jihadisti che si trova a est del fiume Eufrate, nei pressi della città di Hajin. Una zona in cui le Sdf, le forze democratiche siriane, assieme alla milizia curda Ypg, hanno combattuto l’Isis per diversi mesi grazie anche all’aiuto dei militari statunitensi, ed è un territorio in cui si sarebbero rintanati almeno 5000 combattenti dell’Isis, compresi molti foreign fighters, i famosi combattenti provenienti dall’estero.

SIRIA: 700 PRIGIONIERI UCCISI

In Siria, ed in particolare nella zona appena menzionata, sono state scoperte circa 200 tombe di massa, contenenti i resti di migliaia di persone, tutti prigionieri dello stato islamico, stando a quanto sostenuto dalle Nazioni Unite. Fra i 700 prigionieri uccisi dall’Isis vi sarebbero donne, bambini, anziani e disabili, ma anche membri delle forze armate e della polizia irachena, ammazzati molto presumibilmente fra il giugno del 2014 e il dicembre dello stesso anno, dalle forze radicali sunnite. Intanto è di oggi la notizia che gli Stati Uniti starebbero pensando di ritirare le proprie truppe dalla Siria, visto che la campagna militare per riconquistare il territorio in mano allo Stato Islamico si starebbe chiudendo con esito positivo. Se tale indiscrezione venisse confermata, verrebbe meno la presenza sul lungo periodo di militari americani in Siria (così come fatto in precedenza in Afghanistan e Iraq), per fare in modo che l’Isis non si riappropri di quelle zone, come invece annunciato in precedenza.