Dopo il bombardamento israeliano nei dintorni dell’aeroporto di Damasco dei giorni scorsi, si è fatta sentire la voce della Siria, che ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di intervenire, altrimenti “Damasco eserciterà il suo legittimo diritto all’autodifesa e risponderà all’aggressione attaccando l’aeroporto di Tel Aviv”. Una minaccia, più diplomatica che pratica, che era attesa, dice al Sussidiario Carlo Jean, in quanto “la Siria non ha la forza militare per attaccare Israele”. E’ comunque il segno di una situazione, quella siriana, lungi dall’essersi risolta con la sconfitta dell’Isis, contro il quale anzi si continua a combattere. Nelle ultime ore una ventina di civili, che fuggivano dagli ultimi territori controllati dagli islamisti, sarebbero stati uccisi per errore da forze siriane guidate dagli americani.



La Siria ha alzato la voce, minacciando ritorsioni su Israele. Che peso hanno, realisticamente, queste parole?

Ben poche. Si tratta di una presa di posizione che Damasco non poteva non fare, ma va tenuto conto che la Siria non ha la capacità militare per superare le difese missilistiche israeliane, rischia solo di perdere i pochi aerei che ancora le sono rimasti.

Israele, in realtà, con il suo attacco aveva mirato a obiettivi iraniani. Da Teheran potrebbe arrivare una risposta militare? Hanno armamenti superiori a quelli siriani?

Sì, ma non così forti per Israele neanche loro. Ci potrebbe essere qualche episodio isolato, qualche attentato o attacco suicida, ma nulla più, anche perché gli iraniani sanno che Israele è in grado di reagire con la massima potenza.

Lo scenario resta però molto teso. Come potrebbe evolvere?

L’ago della bilancia sono i russi, gli unici che possono far capire a Israele che non è il caso di portare altri attacchi. I russi hanno la possibilità di reagire, anche se con l’aviazione israeliana si tratterebbe di uno scontro comunque durissimo.

Intanto si registrano vittime civili – sembra per un attacco guidato dagli americani – nella Siria sud-orientale. Questo sta a significare che gli americani non hanno davvero intenzione di ritirarsi, come avevano detto?

Il ritiro annunciato diventa sempre più dilazionato e molto lento, la situazione è tesa e gli americani non possono perdere la faccia del tutto.

Erdogan e Putin si sono incontrati a Mosca. La Turchia non vede l’ora di poter eliminare i curdi siriani, ma da sempre la Russia è loro alleata. Che tipo di accordo ne potrà scaturire?

Putin non ha grande interesse a spingere la situazione fino al punto di dover fronteggiare gli Usa. Da un punto di vista economico e militare non può fare più di tanto, gli Usa hanno sempre l’arma del petrolio. Gli americani hanno interesse a tenere buoni rapporti con la Turchia, soprattutto perché si oppone all’Iran, nemico che gli Usa vedono come fumo negli occhi.

La Siria resta una polveriera a rischio di saltare?

Sì, la situazione resta complicata. Non credo, però, ci saranno violenti scontri, continuerà a esserci uno stato di tensione fino a quando non si prenderanno accordi precisi fra le varie parti in campo.