«È stato un attentato terroristico»: così il premier israeliano Bibi Netanyahu ha spiegato durante la visita di condoglianze alla famiglia della giovanissima Ori (nell’insediamento ebraico di Tekoa, vicino a Betlemme in Cisgiordania). Pare che il 29enne palestinese arrestato abbia confessato nelle ultime ore davanti ai servizi segreti d’Israele: «ho sorpreso la ragazza mentre passeggiava sola nel bosco, l’ho sopraffatta e l’ho ripetutamente accoltellata», sarebbero le prime ammissioni fatte dal giovane agli investigatori che da giorni indagano sulla terribile morte della figlia del rabbino Ansbacher. Per ora all’interno dell’insediamento di Tekoa non si sono sentite invocazioni alla vendetta: ricordiamo che qui per anni ha insegnato il rabbino Menachem Froman, un autentico fautore della pace con i palestinesi. Anzi, i compagni di Ori hanno preannunciato che in memoria della loro amica 19enne «che amava tanto il contatto con la natura, compiremo anche noi escursioni nel vicino deserto della Giudea, come amava fare lei». I ministri del Governo hanno chiesto la pena di morte per il palestinese ma non essendoci precedenti il timore di creare una “valanga” politica è in queste ore dibattuta all’intero del gabinetto Netanyahu.



FIGLIA RABBINO UCCISA DA PALESTINESE: CHIESTA PENA DI MORTE

Un assassinio, brutale ed efferato, rischia di scatenare una conseguenza “politica” assai più rilevante per i prossimi mesi: dopo l’omicidio della 19enne israeliana Ori Ansbacher, figlia di un noto rabbino, il Ministro della Giustizia Ayelet Shaked ritiene che il sospettato palestinese fermato e accusato di essere il “killer del bosco” meriti «la pena di morte». Si chiama Arafat Irfaya ed è accusato di aver ucciso giovedì scorso nella radura vicino a Gerusalemme l’innocente 19enne figli del rabbino tra i più importanti d’Israele: secondo la Ministra israeliano «una volta sotto processo in un tribunale militare la pubblica accusa dovrebbe chiedere per lui la pena capitale». Il problema è che in Israele la pena di morte è prevista solo nelle corti marziali e comunque non è mai stata applicata finora: creerebbe un importante e pesantissimo precedente che nell’annoso scontro tra palestinesi e popolo ebraico non gioverebbe certo al dialogo e “superamento” del perenne conflitto sociale.



IL BRUTALE OMIICIDIO E LE CONSEGUENZE POLITICHE

«Non dobbiamo nascondere la verità. Ha ucciso Ori in quanto ragazza ebrea», continua la titolare della Giustizia Ayelet Shaked in una intervista al Canale 13: nel frattempo l’esercito israeliano, secondo La Stampa, si accinge a demolire a Hebron (Cisgiordania) la casa di Irfaya e mira a nuove ripercussioni contro la popolazione palestinese dopo il grave affronto. Violenza chiama violenza, nell’ormai assurdo e continuo scontro in Medio Oriente: Irfaya è interrogato dai servizi segreti e ancora non è stato stabilito se il delitto che gli viene attribuito (non è infatti detto ancora che sia lui il colpevole, ndr) sia solo criminale o abbia anche risvolti nazionalistici. Contro di lui una traccia biologica trovata sulla scena del delitto, come nel più classico caso di cronaca nera: questa volta però sullo sfondo un “teatro ben maggiore” (con la lunga campagna elettorale verso le Elezioni anticipate in Israele) rischia di complicare e non poco le indagini.

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