Un foreign fighter belga, unitosi all’Isis dopo essere giunto in Iraq, catturato dall’esercito, è stato condannato a morte della autorità irachene. L’uomo, Bilal al-Marrchohi, durante il processo ha chiesto inutilmente l’estradizione nel suo paese, dicendo di essere cittadino belga e di aver diritto a essere processato in Belgio, dove non esiste la pena di morte, per ovvi motivi. Non è la prima volta che le autorità irachene condannano a morte cittadini europei che si sono uniti alle milizie dello stato islamico, di fatto un altro belga è già stato condannato a morte lo scorso anno anche se la sentenza non è ancora stata eseguita. L’uomo ha anche negato di aver fatto parte dell’Isis, ma l’accusa ha detto che ci sono diverse fotografie che provano che ne abbia fatto parte.
LE ACCUSE DI HUMAN RIGHTS
In Iraq, da quando l’Isis è stato sconfitto, si stano tenendo da tempo centinaia di processi contro ex membri o presunti tali dell’Isis, Human Rights ha accusato diverse volte il paese di processi senza prove consistenti. Nel 2014 l’Isis aveva conquistato un terzo dell’intero territorio iracheno mentre in Siria si sta combattendo la battaglia per l’ultimo territorio ancora in mano agli islamisti, dove proprio oggi le forze di liberazione hanno fatto sapere di aver catturato 157 terroristi la maggior parte di nazionalità straniera. Il problema dei foreign fighters che vogliono tornare a casa è un problema molto forte che sta mettendo in crisi diversi paesi europei che non sanno come trattarlo. E’ noto il caso della ragazza inglese fuggita in Siria a 15 anni di età, dove ha avuto tre figli tutti morti, che ha chiesto di tornare a casa, mentre le autorità l’hanno privata della cittadinanza inglese.