Netanyahu con la vittoria a queste elezioni presidenziali passa alla storia come il premier più longevo della storia israeliana, 13 anni di cui 10 consecutivi. Non riesce il tentativo di Benny Gantz e della sua coalizione centrista, ma solo di poco. Quello che ha permesso infatti al leader della Knesset di vincere, ci ha spiegato Filippo Landi, per anni corrispondente Rai a Gerusalemme, è stata la sua spregiudicatezza, “cambiare la natura della sua coalizione di centrodestra appoggiandosi alla destra più radicale e agli ultraortodossi”. Una vittoria basata sulla paura, mentre la vittoria di Gantz a Tel Aviv e altri centri urbani dimostra che l’opinione pubblica israeliana è stanca di Netanyahu, che rischia la fine di Nixon se questa stanchezza dovesse aumentare.
La vittoria di Netanyahu è una vittoria prevista?
È stata una vittoria prevista, che nella storia politica di Netanyahu si ripete. Era già accaduto quando aveva contrastato il leader dell’allora partito Kadima, nel 2009, e così come accadde allora il blocco di destra gli ha permesso di tornare al potere per il quinto mandato consecutivo. Si può anche dire che accade esattamente mentre un altro presidente, quello dell’Algeria, viene bloccato e non si può ricandidare per il quinto mandato, anche se parliamo soltanto di coincidenze geografiche visto che i due paesi si affacciano entrambi sul Mediterraneo.
Dal punto di vista temporale c’è però un accostamento che si può fare: Abdelaziz Bouteflika era al potere da circa vent’anni, Netanyahu da 13 anni di cui 10 consecutivi: è più merito suo o demerito della coalizione di Gantz?
Ovviamente in queste occasioni meriti e demeriti vanno equamente divisi. Netanyahu è sicuramente un abile politico e tessitore di alleanze, come ha dimostrato in questi anni. Ha coperto le sue debolezze personali e quelle del suo partito con l’aiuto dei partiti che raccolgono voti nella destra israeliana e in particolare gli ultraortodossi. In questa sua abilità si è dimostrato anche spregiudicato: non ha avuto timore di cambiare la natura di centro-destra della sua coalizione in una natura sempre più di destra.
E Gantz?
Gantz non ha dimostrato di essere originale nella sua proposta e alla fine la maggioranza ha scelto quello che si dice l’originale, quello di destra che fa politica di destra.
Che dà sicurezza?
La sicurezza che Netanyahu ha dato in questi ultimi anni è una sicurezza molto relativa.
In che senso?
Le tensioni con Gaza, nella Cisgiordania, poi al confine libanese e anche a quello siriano dimostrano che il grado di sicurezza è relativo. Forse gli israeliani hanno apprezzato l’espansione di fatto della popolazione ebraica in tutta la Palestina, che ha i suo vantaggi economici e per certi aspetti anche politici, cioè coloniali.
In campagna elettorale infatti ha promesso l’annessione della cosiddetta Area C della Cisgiordania. È una promessa che manterrà?
È probabile che succeda, perché la sua politica è sempre stata quella dei fatti compiuti. All’interno degli insediamenti in Cisgiordania, che sono ormai autentiche cittadine, non ci solo ortodossi, ma anche laici e giovani coppie alla ricerca di case a buon mercato. È probabile che l’Area C venga annessa ma così come è stato per Gerusalemme e il Golan sul terreno la posizione non cambia. Mischiando via via le carte il rischio diventa sempre più alto e questo terzo atto rischia di creare tensioni pericolose.
Un dato interessante è che a Tel Aviv Gantz ha ottenuto quasi il 70% dei voti, significa qualcosa?
Tel Aviv storicamente è sempre stata l’anima liberale e critica di Israele e anche l’anima laburista, partito che però in queste elezioni è praticamente scomparso. È dunque un consenso che va al di là dei confini della sinistra. Gantz in alcune città ha raccolto un desiderio di cambiamento, la volontà di portare alla guida una classe politica, pur con dei limiti, che in qualche modo rappresentava l’alternativa ai 10 anni di Netanyahu. In questo c’è anche un dato politico che forse Netanyahu farebbe bene a tenere presente.
Quale?
C’è un clamoroso precedente che riguarda gli Usa. Nixon riuscì a stravincere il secondo mandato e poi cadde perché l’opinione pubblica gli tolse la fiducia a causa dello scandalo Watergate. Netanyahu farebbe bene a non sottovalutare questo aspetto di mancanza di fiducia.
Trump ha detto che la vittoria di Netanyahu è un passo avanti per la pace, i palestinesi che è un risultato terribile. Chi ha ragione?
È probabile adesso che come già anticipato, Netanyahu esponga il suo piano di pace per il Medio oriente che il genero di Trump ha presentato ai capi di stato arabi. I contenuti di questo piano, da quanto si è saputo, non promettono nulla di buono per i palestinesi. Netanyahu e Trump pensano di avere insieme la forza militare e politica per imporre non solo al mondo arabo ma anche ai palestinesi una situazione che a loro non piacerà.
(Paolo Vites)