«Davanti al mondo, davanti al nostro popolo, questa Forza armata nazionale bolivariana ora deve dare una lezione storica, così mi rivolgo a loro: soldati della patria, è arrivata l’ora di combattere. È giunta l’ora di dare un esempio alla storia e al mondo», ha rilanciato su Twitter il Presidente Maduro, non volendo fermare l’avanzata anti-opposizione per provare a riconquistarsi il potere della e sulla piazza. Dagli Usa arriva invece una nuova richiesta di fermare le ostilità per indire elezioni libere con la deposizione dello stesso Maduro: «La brutale repressione del popolo del Venezuela deve finire» ha fatto sapere il Presidente Trump. Fonti del Dipartimento di Stato Usa confermano l’incontro la prossima settimana tra Mike Pompeo e il suo omologo agli Esteri russo, Sergei Lavrov proprio sul tema Venezuela anche se oggi lo stesso diplomatico del Cremlino ha fatto sapere «Abbiamo concordato di continuare i contatti anche sul Venezuela, ma non vedo come possano essere compatibili le posizioni. Da un lato le nostre, che si basano sullo Statuto Onu e sui principi del diritto internazionale, e dall’altra la posizione degli Stati Uniti, i quali da Washington nominano un presidente ad interim di un altro Paese. Le posizioni sono incompatibili ma siamo pronti a parlare». I morti della guerra civile venezuelana salgono intanto a 4 di cui due addirittura minori, uccisi nelle ultime ore dopo scontri con arma da fuoco in piazza con i militari pro-Maduro: «due adolescenti di 14 e 16 anni sono morti in seguito a ferite d’arma da fuoco ricevute durante le manifestazioni di protesta del 30 aprile e del 1 maggio contro il governo di Nicolas Maduro», ha reso noto l’Osservatorio venezuelano di conflittualità sociali, l’Ovcs. (agg. di Niccolò Magnani)
APPELLO MADURO ALL’ESERCITO
Con un video lanciato su Twitter, il Presidente del Venezuela lancia il suo personale grido di vendetta e battaglia contro Guaidó, gli Usa e la comunità internazionale: dal fortino di Forte Tiuna, Maduro definisce fallito il tentato golpe «Le forze armate devono mostrarsi unite davanti al popolo e al mondo, devono dare una storica lezione. Stiamo combattendo per la nostra dignità, per il diritto all’esistenza della nostra repubblica. Soldati della patria, è arrivata l’ora di combattere, di dare un esempio alla storia e al mondo». I morti però salgono ogni giorni di più, gli scontri pure e la divisione sociale nazionale ai livelli mai raggiunti neanche sotto la tirannia di Chavez: «sosterremo la proposta che ci hanno fatto i lavoratori di scioperi scaglionati, fino ad ottenere uno sciopero generale. Resteremo nelle strade fino ad ottenere la fine dell’usurpazione di Maduro, un governo di transizione e libere elezioni» ha invece rilanciato il presidente ad interim Juan Guaidó. Nel frattempo torna a parlare del Venezuela anche il n.1 della Casa Bianca, Donald Trump: «restano aperte molte opzioni, anche quella militare» anche se la Russia resta la prima “difesa” di Maduro come ribadito ieri dal Cremlino («gravi conseguenze in caso di ingerenza miliare Usa»). Infine, il Presidente repubblicano assicura che i «vertici di Washington seguono da vicino la terribile situazione in Venezuela e stanno facendo tutto il possibile» per arrivare a una soluzione che favorisca la fine dell’attuale presidenza Maduro. (agg. di Niccolò Magnani)
LA VENDETTA DI MADURO
Gli Stati Uniti e la Russia si stanno scontrando in queste ore in merito alla questione Venezuela, facendo tornare di moda i vecchi scenari da Guerra Fredda. Nella giornata di lunedì 30 aprile, il leader dell’opposizione venezuelano, Juan Guaidò, ha chiesto ai militari di dare vita alla cosiddetta operazione finale contro l’usurpatore Maduro: peccato però che le cose siano andate non come previsto. Solo una minima parte dei militari ha infatti deciso di andare contro l’attuale presidente, con il “golpe” tentato da Guaidò che è stato quindi un clamoroso fallimento. Ma come detto in apertura, a tenere banco in queste ore è lo scontro fra Washington e Mosca, in merito al futuro del paese sudamericano. Secondo John Bolton, consigliere di Donald Trump alla sicurezza, sarebbero stati i russi a dissuadere Maduro a lasciare Caracas per dirigersi a L’Avana, a Cuba: «Aveva un aereo in pista – le sue parole riferite alla Cnn – era pronto a lasciare questa mattina e per quanto ne sappiamo e i russi hanno detto che sarebbe dovuto restare». A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Mike Pompeo, il segretario di stato americano, che ha ribadito per l’ennesima volta che l’intervento militare Usa è un’opzione possibile se necessario.
CAOS IN VENEZUELA: FALLISCE IL “GOLPE” DI GUAIDÒ
Parole che ovviamente non sono andate a genio ai rivali russi, con il ministro degli esteri, Serghei Lavrov, che ha alzato la cornetta intimando gli amici a stelle e strisce a non intromettersi nelle questioni venezuelane: «L’ingerenza Usa negli affari interni è una violazione del diritto internazionale – ha detto senza troppi mezzi termini – ulteriori passi aggressivi di Washington nel Paese latinoamericano comporterebbero conseguenze gravi». Caso chiuso? Tutt’altro perché Pompeo non ha affatto deposto l’ascia di guerra, rincarando la dose: «La Russia e Cuba stanno destabilizzando il Venezuela». Clima da Guerra Fredda, con Cuba di mezzo e il Venezuela nel caos.