I negoziati tra Unione Europea e Gran Bretagna diventano ogni giorno che passa sempre più complicati e la bozza di accordo annunciato da Theresa May sembra trovare davvero pochi consensi. La questione torna improvvisamente alla ribalta dopo due anni in cui ci hanno convinto e ci siamo convinti che gli inglesi scherzassero, che fosse una “pataccata” destinata in qualche modo a rientrare facilmente come il dentifricio dentro il tubetto. Ma la Gran Bretagna non è un Paese a sovranità limitata o limitatissima come l’Italia e certe cose né succedono per caso, né si evolvono per caso; non ci sono dilettanti.



Ci hanno detto per due anni che gli inglesi si avviavano verso il suicidio, che l’Europa li avrebbe schiacciati sotto il pollice e che quindi ci avrebbero ripensato tornando a Bruxelles con il capo coperto di cenere. Nessuno ci toglierà mai dalla testa l’articolo letto sul Financial Times qualche giorno dopo il referendum, in cui si buttava lì, come fosse una banalità, che un accordo magari alla fine non sarebbe stato necessario semplicemente perché non ci sarebbe stata più un’Unione Europea con cui trattare. Intendiamoci, chi ci spiegava che il Regno Unito fuori dall’Europa si sarebbe “castrato” irrimediabilmente aveva ragione, ma sottovalutava enormemente il potere negoziale di Londra e si concentrava su una tattica, perdente, e non sulla strategia, che guarda al peccato mortale della gestione franco-tedesca dell’Europa degli ultimi dieci anni. La Brexit inietta dosi da cavallo di volatilità in Europa in una fase macroeconomica, geopolitica e di politica interna europea molto, molto “particolare”.



Spieghiamoci ancora meglio. Il secondo in cui la Gran Bretagna decide di uscire dall’Europa è il secondo in cui deve fare di tutto e a tutti i costi per farla saltare. Oggi i tempi sono propizi e le coincidenze si moltiplicano in tale modo che diventa molto difficile non sospettare un disegno lucido e paziente. L’Europa è bombardata dall’America, ha un incendio in casa scoppiato in un Paese, l’Italia, che ha perso con grandissimi demeriti la partita dell’integrazione europea ma che è stata umiliata stupidamente nel 2012, con una grandissima tattica franco-tedesca e un’ottusità strategica e a questo si aggiunge, al momento “meno opportuno”, il trauma gravissimo della Brexit. Friedrich Merz, probabile successore di Angela Merkel alla guida della Cdu, sembra abbia capito perfettamente quale sia la partita che si sta giocando. Speriamo che in Germania emerga la parte più lucida e non quella più ottusa. Anche noi italiani dovremmo fare la nostra parte, perché quello che sta succedendo per noi europei rischia di essere una sconfitta epocale.



Un ultimo punto se ci consentite. C’è un partito nuovissimo in Italia che da fonti stimate e credibili è stato associato a un’iniziativa propositiva “anglo-americana”. L’ennesima coincidenza fortunata per la Gran Bretagna, che oggi ha completamente ribaltato i rapporti di forza rispetto a quanto si diceva due anni fa. Di libri che provano l’influenza inglese in Italia ce ne sono diversi e sono documentatissimi. Noi ci chiediamo quanto sia “lungimirante” sparare sull’Italia mettendola nell’angolo in questa fase. Speriamo che si faccia di necessità virtù. Altrimenti siamo messi male.