«Per la sicurezza delle frontiere Usa, il muro al confine con il Messico serve»: Trump non molla ancora l’osso e nonostante l’accordo saltato sulla fine dello shutdown “parziale” non intende mollare un solo centimetro con i Democratici (e parte dei Repubblicani) per l’erezione di quella mastodontica opera sulla quale si gioca la “faccia” con il suo elettorato ad un anno dalle Primarie del GOP. Con un quarto dell’Amministrazione Usa ferma, la politica americana si avvicina al nuovo anno con più incertezze che altro anche nello specifico di una legge di bilancio che non trova alcun accordo formale e sostanziale tra le due camere del Congresso dove ad oggi Trump non riesce ad avere piena maggioranza. Secondo un’analisi dello stesso Governo Usa, lo shutdown negli anni passati è costato, ad esempio in epoca Clinton, dopo 26 giorni consecutivi di blocco, circa 1,4 miliardi di dollari (oggi sarebbero 2 tenendo conto dell’inflazione e dei cambi di mercato). Ieri invece l’agenzia di rating Standard & Poors ha stimato che lo shutdown imposto da Trump potrebbe costare circa 1,2 miliardi di dollari. (agg. di Niccolò Magnani)



SHUTDOWN ALMENO FINO A DOPO NATALE

Proseguirà almeno fino a dopo Natale lo shutdown, la cessazione delle attività federali negli Usa, determinato dal mancato accordo tra il Presidente Trump e i Democratici del Congresso sui fondi da stanziare per la realizzazione del muro con il Messico, promessa simbolo della cavalcata che ha portato il tycoon newyorchese alla Casa Bianca. Come riportato da Il Messaggero, il Senato si è aggiornato al 27 dicembre per una sessione regolare di lavori, mentre il 24 si riunirà solo pro forma. Il paradosso è che sul Muro si assiste ad un vero e proprio “muro contro muro”. Da una parte Trump che, ha fatto sapere la Casa Bianca, sul punto non ha intenzione di arretrare di un millimetro; dall’altra i Democratici, che all’opinione pubblica infastidita dai disagi spiegano che lo shutdown può finire subito, a patto che Trump rinunci ai fondi per “l’inutile” muro. Si riuscirà a trovare un compromesso per liberare il governo dalla paralisi e riattivare la retribuzione dei dipendenti federali? (agg. di Dario D’Angelo)



SHUTDOWN PARZIALE NEGLI USA

È scattato lo shutdown parziale negli Stati Uniti, visto che non è stato possibile raggiungere un accordo tra il Congresso e la Casa Bianca su quella che potremmo definire la nostra Legge di bilancio. Donald Trump voleva infatti lo stanziamento di 5 miliardi di dollari per portare avanti la costruzione del muro al confine con il Messico, ma l’opposizione dei Democratici ha impedito di trovare un compromesso. Dunque per la terza volta in quest’anno è scattato il blocco delle attività federali. Naturalmente quelle più importanti, come la sicurezza, la giustizia, la sanità, i trasporti, possono continuare a operare, ma in altri settori, come i parchi nazionali, i musei, i processi civili, non si è grado di poter pagare i dipendenti, che quindi solitamente vengono messi in congedo non retribuito.



GLI ALTRI SHUTDOWN DEL PASSATO

Secondo quanto riporta l’Ansa, oggi si dovrebbe continuare a cercare una mediazione e anche il Presidente ha rinviato la sua partenza per Miami per restare alla Casa Bianca. Come ricorda Adnkronos, già in passato si sono verificati casi di shutdown. Per esempio già nel 1977, sotto la presidenza di Jimmy Carter, che dovette affrontare complessivamente tre shutdown. Anche con Ronald Reagan e George Bush Senior alla Casa Bianca vi furono degli shutdown, come pure con Bill Clinton. Con George W. Bush, invece, non vi furono situazioni del genere. Recentemente anche Barack Obama, nel 2013, dovette affrontare già nel mese di ottobre uno shutdown, dovuto in quel caso all’opposizione dei Repubblicani all’Obamacare, la riforma del sistema sanitario. Vedremo ora quanto durerà questo terzo shutdown del 2018.