Lo shutdown negli Usa prosegue e non si intravede una via d’uscita facile alla situazione che si è venuta a creare, visto che né il Presidente Trump, né i Democratici sembrano disposti a fare un passo indietro per accogliere le richieste dell’altra parte. La mancanza di un compromesso sta avendo effetti su circa 800.000 lavoratori e alcuni sindacati hanno già fatto causa al Governo per la situazione che si è creata. E, come spiega Lapresse, a Boston diversi dipendenti federali sono scesi in strada visto che si trovano in congedo forzato, senza quindi percepire lo stipendio. Lo shutdown rischia di avere ripercussioni anche per il celebre telescopio spaziale Hubble, alle prese con un problema a una fotocamera, impossibile da riparare proprio a causa del blocco dei fondi che coinvolge anche la Nasa. Secondo quanto riporta scienzenotizie.it, sembra che comunque il team che segue Hubble, pur non essendo pagato voglia continuare a occuparsi del telescopio e cercare di ripararlo. (aggiornamento di Bruno Zampetti)



SHUTDOWN USA, LE PAROLE DI TRUMP

Il “muro contro muro” tra Donald Trump e i Democratici sul muro da costruire al confine col Messico continua: ne deriva che prosegue lo shutdown del governo federale degli Stati Uniti, con centinaia di migliaia di lavoratori costretti a casa e senza stipendio. Il tycoon avrebbe l’opportunità di dichiarare l’emergenza nazionale per sbloccare dei fondi speciali, ma a quanto pare è interessato ad avere la meglio nella partita politica contro il partito dell’Asinello, quasi una mossa per schiacciare nella trattativa i suoi prossimi rivali alle elezioni Usa 2020. Nel corso di una tavola rotonda, come riportato dall’Ansa, Trump ha detto che non dichiarerà “così velocemente l’emergenza nazionale”. Il tycoon ha spiegato:”Sarebbe una soluzione facile per me dichiarare l’emergenza nazionale, ma non lo farò così velocemente”. Il presidente Usa, infatti, si è detto sicuro che il muro e la sicurezza del confine “siano qualcosa che il Congresso può fare”. (agg. di Dario D’Angelo)



USA, SHUTDOWN PIU’ LUNGO DELLA STORIA

Lo shutdown degli Stati Uniti è il più lungo di tutti i tempi. Ora è ufficiale, visto che dalle ore 00:01 in nord America, quando in Italia erano le 6:01, è iniziato il 22esimo giorno della “chiusura” del governo federale USA, fatto mai registratosi fino ad ora. Come scrive l’edizione online dell’agenzia Ansa, ieri, per la prima volta, circa 800mila dipendenti pubblici non hanno ricevuto lo stipendio mensile, perché coinvolti nella parziale paralisi delle attività dell’amministrazione Trump. Non sono mancate le proteste, con diversi lavoratori che sono scesi in piazza invocando l’aiuto di deputati e senatori, e soprattutto, preoccupati dal fatto che non si sa fino a quando durerà il blocco delle attività. Il tycoon a stelle e strisce, infatti, non è intenzionato a smuoversi dalla propria posizione, e finché la Camera non sbloccherà i miliardi di dollari necessari per la costruzione del muro lungo il confine con il Messico, lo shutdown proseguirà. Nel frattempo i sindacati dei dipendenti federali hanno fatto causa al governo, accusato di aver violato le leggi sul lavoro, dopo aver chiesto agli stessi lavoratori di continuare a lavorare senza stipendio. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



SHUTDOWN E MURO LUNGO IL CONFINE: TRUMP NON MOLLA

Il Presidente degli Stati Uniti non “molla” nulla e nell’ipotizzare la possibilità di lanciare l’emergenza nazionale (con lo sblocco perciò di fondi particolari per costruire il muro in Messico), ha spiegato ieri in un discorso a McAllen in Texas come il muro al confine non sia per nulla un’idea medievale come invece i Democratici continuano ad accusare. «Il muro è una soluzione da Medioevo? La ruota è roba ben più vecchia eppure funziona. Ci sono alcune cose che, benché antiche, funzionano, il muro è una di queste», attacca il tycoon Usa avanzando la possibilità dello stanziamento dei fondi federali tramite la proclamazione dell’emergenza nazionale. Il tutto detto a McAllen, luogo divenuto famoso per la separazione delle famiglie di migranti, con il dramma che purtroppo persiste da mesi.

ANNULLATA LA PRESENZA AL FORUM DI DAVOS

Continua lo shutdown del governo degli Stati Uniti a causa della posizione di Trump in merito al muro da costruire lungo il confine con il Messico. Finché i fondi non verranno sbloccati, il presidente USA manterrà chiuse tutte le attività dell’amministrazione, ed inoltre, ha annunciato che non presenzierà al World Economic Forum di Davos, previsto nei prossimi giorni a Ginevra in Svizzera. La decisione è stata comunicata via Twitter dallo stesso uomo più potente al mondo, motivandola per via “dell’intransigenza dei democratici”, i veri responsabili, secondo il tycoon, dello stesso dello shutdown a stelle e strisce. Donald Trump ha inoltre negato di aver abbandonato l’incontro con i leader democratici della camera e del senato, Nancy Pelosi e Chuck Schumer: «Non ho sbattuto i pugni sul tavolo – le sue parole – non ho alzato la voce, non ho avuto scatti d’ira. Sono uscito con molta calma dalla stanza e con molta calma ho detto: ‘Se non ci date confini forti bye-bye’. Poi me ne sono andato. Non ho inveito, non ho sragionato». Secondo gli esperti economici, lo shutdown costa agli Stati Uniti 1.2 miliardi di dollari ogni settimana. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

TRUMP E IL MURO LUNGO IL CONFINE CON IL MESSICO: CONTINUA LO SHUTDOWN

Donald Trump non molla di un centimetro per quanto riguarda il muro lungo il confine con il Messico. Il congresso e l’opposizione democratica non sono intenzionati a concedere i miliardi di euro richiesti dal presidente per erigere il muro divisorio, ma lo stesso tycoon intende proseguire per la propria linea, come si è capito chiaramente da quanto accaduto ieri, con lo stesso Trump che si è presentato al confine sud, per sottolineare con fermezza la necessità di portare a termine il suo progetto per combattere l’immigrazione clandestina «portatrice di crimine – dice – droga e malattie». Un doppio problema che corre su due binari paralleli, visto che, il governo è chiuso da 20 giorni, e i dipendenti federali hanno protestato ieri a Washington affinché lo shutdown si concluda il più presto per poter riprendere lo stipendio che gli spetta. Molte sono le famiglie che stanno iniziando ad entrare in crisi perché non ricevono neanche un soldo da giorni, e di conseguenza diversi dipendenti dell’amministrazione stanno iniziando a fare pressione su deputati e senatori affinché la situazione si sblocchi. In stand-by vi sono due leggi approvate dalla Camera che avrebbero permesso di rifinanziare, come sottolinea Il Messaggero, 2 delle 9 agenzie chiuse, ma Trump si rifiuta di firmarle se non verranno sbloccati i 5.7 miliardi di dollari necessari per costruire il muro suddetto.

MURO MESSICO, LA MOSSA DI TRUMP

Al momento non sembra intravedersi la luce in fondo al tunnel, anche perché Trump continua a rimanere fermo sulle proprie posizioni e nelle scorse ore ha ribadito di avere «il pieno diritto di dichiarare lo stato di emergenza nazionale», con cui potrebbe sbloccare i fondi del muro senza prima interpellate i legislatori, pescando da quelli destinati agli uragani. A complicare ulteriormente la posizione di Trump, la prossima testimonianza di Michael Cohen, l’ex avvocato e braccio destro del presidente degli Stati Uniti, già condannato a tre anni di carcere per frode, che il 7 febbraio dovrà testimoniare davanti alla Commissione di Controllo della Camera su quanto svolto per il tycoon, e secondo i più esperti le sue dichiarazioni lederanno ulteriormente l’immagine già sgretolata di Trump.