I Talebani sono stati abbastanza chiari nei colloqui in Qatar: la vera fase dell’accordo scatterà solo quando verrà stabilita una data certa per il ritiro delle truppe americane, quei quasi 14mila marines ancora presenti in Afghanistan dal lontano 2001. Nello stesso tempo però, l’intesa di massima con Trump prevede l’impegno forte dei Talebani a combattere e non permettere ai gruppi del terrorismo internazionale di utilizzare il territorio afgano come base per pianificare attentati contro l’Occidente. Come riporta Il Post, un altro punto dell’accordo – secondario ma non meno importante – prevede le trattative tra Talebani e governo afgano sul ruolo «che i primi avranno nella condivisione del potere statale, e come questo condizionerà alcune delle questioni più discusse e divisive, come la condizione delle donne nella società». Il nodo-Kabul resta però intatto visto che i Talebani finora non hanno voluto trattare con il Governo di Ghani dato che li considerano dei meri “burattini” in mano agli americani: ora però dopo i colloqui di Qatar pare che gli Usa abbiano imposto un “dialogo”, per il momento assai lontano dall’avvenire va detto.



ACCORDO TALEBANI-USA, MA KABUL “FRENA”

Dopo mesi di discussioni, distanze e purtroppo anche diversi attentati “segnale” da parte dei terroristi, sembra esserci l’intesa di accordo tra Talebani ed esercito Usa per il futuro dell’Afghanistan dopo l’annuncio di ritiro delle truppe fatto mesi fa dal Presidente Donald Trump (cui ha fatto seguito quello medesimo sulla Siria): era nell’aria e già ieri da fonti Nato veniva riferito di un possibile asse Talebani-Stati Uniti per combattere Isis e Al Qaeda, da un lato, e accordarsi sull’uscita pacifica delle truppe americane dal Paese in cui sono collocate fin dal 2001 (come replica agli Attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre). Ora arriva la conferma, dopo una serie di colloqui serrati in Qatar tra i vertici militari: lo afferma il New York Times tramite l’inviato degli Usa in Afghanistan Zalmay Khalilzad, spiegando come gli estremisti abbiano promesso «di impegnarsi a impedire che il Paese diventi una piattaforma per gruppi terroristici internazionali». Come primo effetto immediato di un patto del genere, prosegue la fonte, sarebbe per l’appunto il negoziato di pace sull’uscita di scena dei marines come voluto da Trump e come finora osteggiato dai diretti alleati degli Usa in Medio Oriente, ovvero Israele. «Dopo nove anni di sforzi per ottenere un accordo di pace con i talebani, l’intesa di principio appena raggiunta, sebbene preliminare, è il più tangibile passo verso la fine di una guerra che in due decenni è costata la vita di decine di migliaia di persone», spiega ancora l’inviato Usa in Qatar.



ANCHE L’ITALIA VALUTA IL RITIRO DELLE TRUPPE

Isis, Al Qaeda e altri gruppi terroristici sono da tempo in lotta con i Talebani e purtroppo in ogni attentato avvenuto a Kabul e dintorni negli ultimi anni si può scorgere la mano dell’uno o dell’altro gruppo estremista: gli Usa hanno deciso di stringere un patto con questi ultimi cercando di allontanare il più possibile le frange terroristiche (impresa facile a dirsi, ma a farsi assai più complessa) per poter poi negoziare sulla pace ultimata con Kabul. La prima frenata però arriva direttamente dal Governo centrale afgano, con il Presidente Ashraf Ghani che rilancia «faccio appello ai Talebani affinché si convincano ad avviare colloqui seri con il Governo, in caso contrario saranno uno strumento per obiettivi stranieri. Vogliamo la pace, la vogliamo rapidamente, ma con un piano – ha concluso Ghani – Non dobbiamo dimenticare che le vittime di questa guerra sono gli afghani e il processo di pace deve essere a guida afghana». Il Governo lamenta di essere stata esclusa dai colloqui di pace in Qatar e prova così a mettere “i puntini sulle i” in una scacchiera sempre più complicata vista anche la tensione massima internazionale presente per il caso Venezuela. Intanto dall’Italia, le voci degli scorsi giorni di “ritiro” voluto dal Ministro della Difesa vengono confermate da voci interne al M5s vicine ad Elisabetta Trenta: «Il ministro Trenta ha dato disposizioni al Coi di valutare l’avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan. L’orizzonte temporale potrebbe essere quello di 12 mesi».

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