Da sabato scorso è iniziata l’offensiva forse decisiva contro l’ultima roccaforte dell’Isis in Siria, a Baghouz sulla riva orientale del fiume Eufrate (assai vicino al confine con l’Iraq): la guerra delle forze curdo-siriane sostenute dagli Stati Uniti non è affatto finita anche se le roccaforti di Daesh in terra siriana sono sempre meno. Resta il nodo dei tanti prigionieri ancora in mano agli assassini fondamentalisti dell’Isis e per questo motivo, assieme a quel fazzoletto di terra ancora in controllo dello Stato Islamico, la tensione è alle stelle. Sono circa 600 i miliziani irriducibili, per lo più stranieri e foreign fighters, vogliono vendere cara la pelle e sono pronti a tutti – probabilmente anche a diversi attacchi suicidi – pur di non permettere la vittoria del nemico siriano e curdo. Le forze siriane sostenute dagli Stati Uniti affermano di «aver catturato 41 posizioni detenute dall’Isis e distrutto fortificazioni nella feroce battaglia per riconquistare l’ultima enclave del gruppo armato nella Siria orientale». Il portavoce delle Forze Democratiche Siriane, Mustafa Bali, ha fatto sapere stamane che l’ultima offensiva per liberare l’area dell’Isis avviene mentre 20mila civili sono riusciti a farli evacuare dalla provincia di Deir Ezzor.
LE MANOVRE “IN OMBRA” DEGLI USA
Il territorio attorno a Baghouz fu creato nel 2014 dal Califfato proprio tra la Siria e l’Iraq per permettere maggiori rifornimenti e spostamenti delle milizie nate con l’intento di conquistare l’intero Medio Oriente: 5 anni dopo però, nonostante le truppe americane in Siria siano vicino al ritiro, la coalizione anti-Daesh ha annunciato l’offensiva finale per riconquistare proprio quel territorio fino a poco tempo fa fucina di irriducibili combattenti per la causa del Califfo. In un interessante retroscena offerto per il nostro quotidiano, Patrizio Ricci spiega come le truppe americane stiano facendo di tutto per “ritardare” l’abbandono del campo e la continuazione, di fatto, della guerra: «se l’esercito Usa lasciasse la Siria non accadrebbe nient’altro che il ripristino della legge e dell’ordine. Sì, perché l’esercito siriano manterrebbe schiacciato l’Isis, come ha fatto con il resto del territorio. Quindi un vuoto non vuol dire nulla, esprime solo il fastidio di andarsene perché questo ristabilirebbe la piena sovranità nazionale». Insomma, gli Usa restano ancora in “ombra” e mentre coordinano l’ultima offensiva contro l’Isis provano a capire quale ruolo avere ancora in quel territorio devastato da anni di guerre civili e internazionali.