Sul fronte di politica estera, non solo Corea del Nord si è vista nel lungo discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Trump: dopo l’uscita dal trattato antinucleare e antimissilistico con la Russia degli scorsi giorni, il tycoon ha sentenziato «forse possiamo negoziare un accordo diverso, aggiungendo Cina e altri, o forse non possiamo». Un generico che fa intuire come le posizioni siano ancora tutte in via di definizione, o che quantomeno non sia questo il momento di far vedere un punto di “unità” con la Russia dopo le tante accuse mosse contro la sua “morbidezza” con il rivale del Cremlino. Sul Venezuela invece torna il “vecchio” repubblicano qual’è e avanza «la mia amministrazione condanna la brutalità del regime di Maduro, e sostegno il popolo venezuelano nella nobile ricerca di libertà». In merito invece al difficile piano di rientro delle truppe dall’Afghanistan, Trump è stato più “vago” del solito pur confermando la presenza di nuovi colloqui che la Casa Bianca sta portando avanti: «obiettivo è ridurre la nostra presenza di truppe e concentrarci sull’antiterrorismo mentre i negoziati procedono».



MURO COL MESSICO, “SI FARÀ”

E’ durato un’ora e 22 minuti il discorso sull’Unione di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, che ha superato di due minuti la “chiacchierata” di un anno fa, è stato interrotto per ben 98 volte da applausi. Non sono mancati i fischi, ma Nancy Pelosi, la speaker della Camera nonché uno dei più acerrimi nemici del tycoon, ha cercato di interromperli subito alzando in maniera severa la mano. Di fronte alle camere riunite e alla presenza di tutte le cariche istituzionali, il commander in chief ha alternato momenti bipartisan ad altri più strettamente repubblicani. Applauditissimo quando ha sottolineato i dati di un’economia in forte crescita e soprattutto il record di posti di lavoro per le donne, con un gruppo di donne elette fra l’opposizione che lo ha applaudito scandendo il coro «Usa, Usa!». Un po’ meno osannato dai democratici, invece, quando ha parlato del Russiagate, definita «una ridicola indagine di partito», e soprattutto, quando ha affrontato la questione dell’immigrazione illegale, considerata come una delle più grandi tragedie del paese, ignorata dai Dem e dai «ricchi liberal che vivono dietro alti muri, e protetti da guardie».



TRUMP, DISCORSO SULLO STATO DELL’UNIONE

L’argomento immigrazione è stato anche l’assist (anche se Trump non ne aveva bisogno), per tornare a parlare del muro lungo il confine con il Messico, e in tal caso il presidente ha ribadito la necessità di costruire la barriera sul confine sud: «Ci vuole un muro, e lo costruirò». Di mezzo, tutta una serie di speranze e di proposte, come la «la sconfitta dell’Hiv entro dieci anni, il divieto di effettuare aborti tardivi», la lotta contro il cancro infantile, il calo dei prezzi dei farmaci, lo sviluppo di nuove infrastrutture e via discorrendo. Ampio anche il capitolo dedicato alla politica estera, e Trump ha voluto ricordare quelli che lo stesso ritiene i suoi successi più importanti, come ad esempio la lotta commerciale alla Cina, la guerra all’Isis, la battaglia a Maduro, e soprattutto, il dialogo con la Corea del Nord, annunciando tra l’altro il suo secondo incontro con Kim Jong-Un, il prossimo 27 febbraio in Vietnam.

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