L’Estonia sembra essere sempre più intenzionata a dimenticare completamente il suo passato sovietico, tra l’abbandono dell’insegnamento del russo nelle scuole e la riconversione di una vecchia “città chiusa” abbandonata dall’URSS. Un processo iniziato nel 1991 quando il paese è riuscito ad ottenere la sua indipendenza dalla repubblica sovietica, conquistandosela contro l’ovvio volere della nascente Russia. Putin, d’altronde, continua a considerarlo un suo territorio, esattamente come l’Ucraina e la Crimea, ed ora l’Estonia teme proprio di fare la stessa fine di Kiev.



L’Estonia e la base segreta dell’URSS

Per quanto ingombrante e pesante, l’Estonia non ha mai potuto fare nulla di concreto per nascondere o dimenticare completamente il suo passato sovietico. Una circostanza che appare evidente soprattutto nella “città chiusa” di Paldiski, dove l’URSS creò una vera e propria base segreta, completamente inaccessibile a chiunque non fosse parte integrante dell’esercito o del governo sovietico. Si trattava, insomma, di una vera e propria enclave militarizzata, completamente abbandonata nel 1991 con l’indipendenza.



Complessivamente della città/base segreta dell’URSS in Estonia non è rimasto altro che un’alta ciminiera, contornata da enormi e fondamentalmente nuovi hangar militari. Il governo, un po’ per tagliare i ponti con i sovietici ed un po’ per cercare di preparasi alle sfide del futuro, ha deciso di riconvertire l’intera ex enclave in una base al servizio della NATO. Lì, raccontano alcuni funzionari al quotidiano francese Le Monde, sorgerà da un lato un sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, e dall’altro un porto della NATO. Quest’ultimo, in particolare, sarà destinato a ricevere equipaggiamenti militari di ogni sorte, dai carri armati a razzi ed armi convenzionali, che dovrebbero garantire all’Estonia una buona capacità difensiva. Da tempo, infatti, si teme che, concluso (positivamente o negativamente) l’attacco all’Ucraina, la Russia possa decidere di attaccare anche altri ex insediamenti sovietici, al fine di “riconquistarli” partendo proprio da lì, il punto più vicino al confine russo.

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