Stephan Schmidheiny dovrebbe prendere in considerazione la giustizia riparativa: a suggerirlo è Sara Panelli, procuratrice generale di Torino intervenuta in tribunale per rappresentare l’accusa nel processo d’appello Eternit bis sulle 392 morti per mesotelioma. In primo grado, un anno e mezzo fa, l’imprenditore era stato condannato a 12 anni per omicidio colposo aggravato, una sentenza che aveva spiazzato l’accusa, visto che gli contestava l’omicidio volontario con dolo eventuale e chiesto l’ergastolo. Durante il suo lungo intervento, la pg ha evidenziato la “straordinarietà” del numero di morti di tumore legato all’amianto in trent’anni. “Senza l’inquinamento, non ci sarebbero state tutte queste vittime“.
Ma Panelli ha voluto accendere un faro anche sul fatto che la famiglia Schmidheiny aveva all’epoca una posizione preminente nella produzione mondiale di amianto, per questo ci fu silenzio sulla pericolosità di questo minerale. “Già all’epoca si decise di tacere e non vennero informati né i lavoratori né chi abitava vicino allo stabilimento“.
La procuratrice generale ha, quindi, lanciato un appello all’imputato, che attualmente ha 77 anni e non ha mai preso parte alle udienze, ad affidarsi alla giustizia riparativa, l’istituto introdotto recentemente nell’ordinamento italiano. “Non ha nulla a che vedere con il riconoscimento della propria responsabilità sotto il profilo penale“, ha precisato Panelli, secondo cui per l’imprenditore sarebbe “una possibilità straordinaria” per “dimostrare che è quel filantropo che dice di essere“.
“GIUSTIZIA RIPARATIVA PER AVVICINARE LE PARTI”
Secondo la procuratrice generale, la giustizia riparativa sarebbe un modo per “avvicinare le parti“, mirerebbe a una pacificazione umana e, quindi, ad andare oltre la contrapposizione tra imputato e vittime, senza entrare nel merito della responsabilità penale e del risarcimento.
A tal proposito, Schmidheiny in primo grado è stato condannato anche al pagamento di oltre 100 milioni di provvisionali, somma che però non ha mai corrisposto. Il legale del magnate svizzero, unico proprietario in vita di Eternit, ha fatto sapere che terranno presente le dichiarazioni di Panelli, precisando però che non ci si può esprimere nel merito.
“SILENZIO SU RISCHI PER NON PREGIUDICARE I PROFITTI”
Nella prima parte della discussione, la pg e il sostituto procuratore Gianfranco Colace hanno ricostruito la vicenda della multinazionale, le cui fabbriche lavoravano l’amianto, esponendo gli operai e semplici abitanti della zona a rischi “taciuti per non compromettere il profitto“. Infatti, ci sono migliaia di documenti che si intrecciano ai dati scientifici e alle testimonianze di chi ha vissuto da vicino quella vicenda.
Come quella di Romana Blasotti Pavesi, morta a 95 anni l’11 settembre scorso: è stata a lungo a capo dell’Associazione dei familiari delle vittime, lei che aveva perso cinque parenti, dal marito alla sorella, così come la figlia, una sorella e il nipote. In aula è stato mostrato un video con la sua dolorosa testimonianza.