La Fondazione Lanza di Padova ha reso disponibile sul suo sito il quaderno “Cura della terra – La memoria e le sfide 1972-2022”. Proposto come numero annuale della Rivista “Etica per le Professioni”, il fascicolo ripercorre alcune delle tappe più significative della progressiva presa di coscienza dell’importanza della questione ambientale e dell’affermarsi del paradigma della sostenibilità. Un percorso tra memoria, presente e futuro, in cui emerge con chiarezza l’importanza dell’alleanza tra mondi culturali e sociali, così come degli intrecci di saperi scientifici e sapienziali necessari per comprendere ed interpretare la realtà di questa nostra Terra fragile e minacciata, frutto dell’inestricabile e complessa interazione tra sistemi naturali e sistemi sociali.
La Fondazione Lanza è stata fondata a Padova nel 1988 in accordo con le indicazioni del lascito testamentario dell’avvocato Carlo Lanza e per volontà dell’allora vescovo di Padova monsignor Filippo Franceschi, si propone lo scopo specifico di entrare nel delicato dibattito fede-cultura, con particolare attenzione alla riflessione etica. Presieduta oggi da don Lorenzo Celi – vicario episcopale per i beni temporali della Diocesi di Padova – la Fondazione ha sede nel complesso del Seminario Maggiore di Padova ed è attiva attraverso un nutrito programma di corsi e convegni, principalmente su quattro aree di ricerca: etica e medicina; etica, filosofia e teologia; etica e politiche ambientali; etica per le professioni. Presidente del comitato scientifico e’ il professor Antonio Autiero, docente dell’Università di Munster.
Da “Cura della Terra” pubblichiamo di seguito l’editoriale di Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e politiche ambientali.
Il 2022 è stato in Italia l’anno più caldo, relativamente alle temperature massime e medie, da quando sono iniziate le misurazioni meteorologiche nel 1800. Nel 2022 sempre nel nostro paese gli eventi meteo estremi (alluvioni, ondate di caldo anomalo e di gelo intenso, frane, mareggiate, siccità, grandinate) sono aumentati del 55% rispetto al 2021, con 310 fenomeni meteorologici che hanno provocato danni da Nord a Sud e 29 morti (Osservatorio Città Clima di Legambiente). Dati che, se ampliati a livello globale offrono una fotografia drammatica della situazione in cui si trova il pianeta e di conseguenza la famiglia umana di oggi e di domani. Questa situazione ci potrebbe far pensare, come alcuni osservatori hanno detto, che i 50 anni che ci separano dalla Conferenza di Stoccolma e i 30 anni da quella di Rio de Janeiro sono stati anni persi, perché non si è stati capaci di rispondere in modo adeguato al progressivo avanzamento della crisi socio-ambientale. Con il risultato che adesso abbiamo sempre meno tempo per compiere le necessarie e indifferibili trasformazioni senza far pagare un prezzo troppo alto in termini di sofferenza a chi vive oggi sul pianeta e alle future generazioni.
È una considerazione in parte corretta perché, se dopo la Conferenza del 1992 si fosse data attuazione agli impegni assunti dall’Agenda 21 e dalle Convenzioni internazionali adottate per contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, avremmo introdotto importanti misure per governare la crisi socio-ambientale e non farci travolgere da essa. Nello stesso tempo dobbiamo essere consapevoli che cambiare un modello di sviluppo economico, sociale e culturale che ha radici profonde nella storia umana, che è stato esportato in tutto il mondo e che pervade ogni aspetto della nostra vita, non è semplice ed immediato, ma richiede tempo e lunghi processi di rigenerazione e di trasformazione culturale prima ancora che economica e sociale. Non bisogna poi dimenticare che le questioni ambientali per loro stessa natura sono complesse, oltrepassano i confini degli Stati e dispiegano i loro effetti anche lontano nel tempo, per cui la comprensione prima, e la ricerca di soluzioni poi, richiedono un approccio interdisciplinare, una forte cooperazione internazionale, tempi medio-lunghi.
È un lavoro di ripensamento che ha forti valenze culturali ed al quale contribuiscono, in forme via via più importanti anche le diverse comunità religiose: l’Enciclica Laudato sì’ è un importante punto di riferimento all’interno di un percorso che risale agli anni ’70. Con questo numero della rivista Etica per le Professioni, a 50 anni dalla prima Conferenza sull’Ambiente Umano (Stoccolma 1972) e a 30 anni dalla Conferenza su Ambiente e Sviluppo (Rio de Janeiro 1992), vogliamo ripercorrere alcune delle tappe più significative della progressiva presa di coscienza dell’importanza della questione ambientale e dell’affermarsi del paradigma della sostenibilità come risposta al fallimento del modello di sviluppo industrialista e consumista e, più in generale, di un modello culturale antropocentrico che considera la natura solo come una miniera da cui estrarre quantità crescenti di risorse e come discarica dove gettare i rifiuti prodotti. Un percorso tra memoria, presente e futuro, in cui la riflessione etica si intreccia con le risposte politiche, con l’elaborazione scientifica e con l’azione della società civile nelle sue diverse articolazioni (ambientalismo scientifico, ONG, soggetti ecclesiali in orizzonte ecumenico).
Nelle prime due sezioni del volume ripercorriamo il contesto politico-culturale, i documenti elaborati e cosa hanno rappresentato gli appuntamenti di Stoccolma e Rio de Janeiro, anche attraverso la testimonianza diretta di chi quegli eventi li ha vissuti personalmente. Nella terza sezione vengono richiamate tre questioni cruciali la cui risposta è necessaria per consentire uno spazio sicuro per la vita umana sulla Terra. Nella quarta, i contributi segnalano l’avanzamento della riflessione etica e politica in particolare con l’approvazione dell’Agenda 2030 e la pubblicazione dell’enciclica Laudato sì’ che accompagnano l’affermarsi nel dibattito pubblico della transizione ecologica e sociale e dell’urgenza di agire per cambiare rotta. Nell’appendice, infine, vengono richiamati i principali ambiti di ricerca e di azione che hanno caratterizzato il percorso del Progetto Etica e Politiche Ambientali della Fondazione Lanza avviato nel 1988 e che, nel suo piccolo, ha accompagnato il processo di presa di coscienza di una nuova centralità della questione ecologica.
Nel rileggere questo percorso, oggi come allora, emerge con chiarezza l’importanza dell’alleanza tra mondi culturali e sociali, così come degli intrecci di saperi scientifici e sapienziali necessari per comprendere ed interpretare la realtà di questa nostra Terra fragile e minacciata, frutto dell’inestricabile e complessa interazione tra sistemi naturali e sistemi sociali. Ma volgere lo sguardo al passato aiuta anche a comprendere come i tempi lunghi e la ricchezza delle traiettorie che in essi si dispiegano, rappresentano la speranza che le cose possono cambiare, che siamo ancora in tempo per invertire la rotta, per rimanere all’interno dei confini planetari, in quello spazio sicuro che può garantire il mantenimento di una vita buona per le presenti e future generazioni.
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