L’Irlanda ha ufficialmente notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) la normativa che prevede di introdurre una nuova etichettatura delle bevande alcoliche, all’interno della quale campeggeranno scritte simili a quelle presenti sulle confezioni di sigarette, così da informare i consumatori che “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e che “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”.



Non è dunque bastato che un terzo degli Stati membri dell’Ue, a partire dall’Italia, abbia chiesto alla Commissione, in una lettera comune di qualche giorno fa, di avviare discussioni approfondite con le autorità irlandesi al fine di garantire un’adeguata informazione dei consumatori, evitare barriere commerciali e mantenere l’uniformità e la fluidità del mercato unico.



La mossa di Dublino lascia ora 90 giorni entro i quali qualsiasi Paese membro dell’Omc può presentare pareri contrari. Occorre dunque fare presto, perché questo nuovo sistema rischia di rappresentare un freno alle esportazioni del vino Made in Italy. “Ora è il momento che i partner internazionali a livello di Omc sollevino le loro preoccupazioni in merito alla proposta irlandese, che rappresenta un chiaro ostacolo al commercio internazionale” tuona Micaela Pallini, Presidente di Federvini, che aggiunge provocatoriamente: “L’Irlanda li ascolterà o rimarrà sorda come ha fatto con i commenti dei partner dell’Ue? Facciamo un appello al Governo italiano: dopo avere guidato la battaglia in Europa invitiamo l’Esecutivo Meloni a fare altrettanto a livello di Omc, creando una coalizione di Paesi a sostegno delle nostre posizioni”.



Un invito che trova già sostegno presso Paolo De Castro, membro Pd della commissione Agricoltura e Sviluppo rurale dell’Europarlamento: “Ora la battaglia si sposta a Ginevra – sottolinea l’eurodeputato Dem – dove dovremo trovare alleati a livello internazionale, a partire dagli Stati Uniti. Siamo infatti in contatto con la Missione statunitense a Bruxelles, affinché anche Washington possa sollevare osservazioni in sede Omc. Non ci diamo per vinti e continueremo a lavorare per contrastare una norma non solo sbagliata e discriminatoria nei confronti di migliaia di produttori d’eccellenza italiani ed europei, ma che rappresenta anche una barriera commerciale a livello internazionale”.

La vicenda

Federvini ricorda che la proposta irlandese è basata su un approccio demonizzante delle bevande alcoliche, con indicazioni sanitarie che non distinguono tra consumo moderato e abuso. Non a caso questa proposta, presentata alla Commissione Europea nei mesi scorsi – osserva ancora Federvini -, ha ricevuto il parere contrario di ben 13 Stati Membri: Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna.

“Purtroppo – afferma Pallini – l’immobilismo della Commissione europea ha di fatto creato un via libera alla normativa irlandese che oggi, come ultimo ostacolo, deve superare solo le eventuali riserve dell’organizzazione che gestisce il commercio mondiale. L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola della bozza notificata all’Omc, nonostante la forte contrarietà di molti Paesi”.

Contrarietà che, stando all’analisi di Federvini, pare ben motivata. La bozza di regolamento redatta a Dublino – si legge in una nota ufficiale della associazione -, oltre a denunciare un atteggiamento discriminatorio verso le bevande alcoliche, sembra infatti chiaramente incompatibile con il diritto dell’Ue, in quanto rappresenta un chiaro ostacolo alla libera circolazione delle merci nell’Unione europea. Persino le autorità irlandesi – ricorda ancora Federvini – lo hanno riconosciuto, durante un evento organizzato dalla Presidenza svedese il 1° febbraio, dove il rappresentante irlandese ha utilizzato parole che lasciano pochi dubbi: “Di recente siamo stati sottoposti a un processo di valutazione da parte dell’Ue perché chiaramente ciò che stavamo facendo violava in qualche modo il mercato unico. […] Siamo molto grati e in qualche modo sorpresi che la nostra proposta abbia superato con successo il processo di valutazione dell’Ue”.

E da qui l’amara conclusione di Pallini: “A questo punto nutriamo forti dubbi sulla volontà della Commissione. In assenza di un’azione concreta, si può fare ben poco. Crediamo che solo la Corte di Giustizia dell’Unione europea sia in grado di difendere l’Ue in questa fase”.

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