Non si ferma la bufera sorta attorno al via libera dato da Bruxelles all’Irlanda per l’utilizzo di etichette che mettano in guardia il consumatore sui rischi relativi all’assunzione di vino, così come già avviene nel caso delle sigarette.

La mossa più recente è quella degli eurodeputati Paolo De Castro, Camilla Laureti e Achille Variati, membri della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, che hanno incalzato solo pochi giorni fa l’esecutivo Ue con un’interrogazione urgente. “Cosa intende fare la Commissione affinché l’Irlanda rispetti le procedure di autorizzazione previste dall’Organizzazione mondiale del commercio?”, hanno chiesto gli eurodeputati, che hanno poi evidenziato: “Non possiamo continuare a tollerare l’indifferenza fin qui dimostrata dalla Commissione in merito a una norma non solo sbagliata, ma che rappresenta una barriera commerciale anche a livello internazionale. Per questo chiediamo un intervento urgente affinché l’Irlanda si attenga all’accordo sulle barriere tecniche al commercio, previsto dall’Organizzazione mondiale del commercio. Ci auguriamo che la commissaria, Stella Kyriakides, responsabile per la Salute e la sicurezza alimentare, torni presto sui propri passi, dopo aver ignorato la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari per le bevande alcoliche. Le scelte dei consumatori europei non devono essere condizionate, per questo come Parlamento, lavoreremo per informare di più e meglio i nostri cittadini, con sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano informazioni chiare sul consumo moderato e responsabile”.



Fin qui, dunque, le mosse adottate a Bruxelles. Ma in fermento è anche il panorama politico romano. In commissione Agricoltura della Camera è stato infatti presentato un provvedimento – prima firmataria la deputata di FdI Maria Cristina Caretta – in cui si chiede al Governo non solo un forte impegno ad assumere iniziative per contrastare l’introduzione della normativa adoperandosi in tutti i tavoli europei e internazionali di competenza, ma anche la disponibilità a valutare il ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea “anche in coordinamento con altri Paesi europei che condividono il medesimo posizionamento italiano”. Un punto su cui l’esecutivo sembra già essersi mosso: “Stiamo lavorando con Spagna e Francia a un documento comune e a diversi incontri bilaterali”, ha confermato all’Ansa Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. E secondo indiscrezioni raccolte dall’Ansa, alla cordata potrebbero unirsi anche Portogallo, Danimarca, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria.



Intanto, le associazioni di settore continuano ad alzare la voce contro il provvedimento. Federvini punta soprattutto il dito sugli effetti dell’abuso di alcol, “Un tema – dichiara la Presidente Micaela Pallini – estremamente serio, che non può essere lasciato ad estemporanee dichiarazioni stampa di chi si improvvisa esperto del tema È necessaria chiarezza e grande precisione non accettiamo informazioni superficiali, ambigue e basate su dati non sorretti da metodologie accettate da tutta la comunità scientifica” Su questo punto nevralgico “Chiediamo un intervento del Governo – aggiunge Pallini – e proponiamo che il CREA, l’organo tecnico del Ministero delle Politiche Agricole, possa contribuire a fare chiarezza, insieme ad organismi internazionali come OIV, in modo da avviare una fase di ricerca che consenta di poter contare su studi aggiornati e raccomandazioni ragionevoli ed equilibrate nei confronti del corretto consumo di bevande alcoliche”. Se così non fosse il pericolo è “deriva priva di fondamenti scientifici che potrebbe portare all’introduzione di health warning persino su farmaci contenenti alcol o sui babà napoletani”, conclude Pallini.



Unione italiana vini si concentra invece sulla scarsa chiarezza delle affermazioni del portavoce della Commissione europea Stefan De Keersmaecker rispetto al provvedimento. “Ci pare – sostiene il Segretario generale, Paolo Castelletti – che su argomenti di tale importanza siano controproducenti le dichiarazioni cerchiobottiste rilasciate dal funzionario. Da una parte si afferma che “nessuno è contro il vino“, dall’altra si annuncia una “revisione delle etichette”, oltre a una “riduzione del consumo dannoso di alcol di almeno il 10% entro il 2025”. Nel cercare di comprendere come un taglio lineare del 10% possa riferirsi ai soli consumi dannosi e a che tipo di revisione si faccia riferimento, chiediamo alla Commissione per quale motivo, anche nel caso irlandese, non si sia tenuto conto del voto dell’Europarlamento che a inizio 2022 aveva espunto l’ipotesi degli health warning dal Cancer Plan. Ci appelliamo infine alle istituzioni italiane, a partire dal ministero della Salute, affinché esprimano la propria posizione su un tema che non deve più originare equivoci”.

Ma non è tutto. “Nelle sue dichiarazioni – rileva sempre Uiv , il portavoce della Commissione afferma che è in corso un lavoro tecnico sulla revisione delle norme europee in materia di etichettatura. L’organizzazione delle imprese italiane del vino si chiede perciò quale sia il senso di far proliferare iniziative unilaterali degli Stati membri – sdoganando messaggi allarmistici senza un ampio dibattito – quando l’obiettivo della Commissione dovrebbe essere quello di armonizzare a livello Ue questa materia così complessa e delicata”.

E non è finita qui. Perché a preoccupare – aggiunge Uiv – è anche la risposta scritta in data 10 gennaio 2023 del Commissario alla Salute Stella Kyriakides in cui si fa riferimento all'”intenzione della Commissione di adoperarsi per introdurre avvertenze sanitarie sulle etichette delle bevande alcoliche”. Il timore, sempre più fondato – avverte Uiv – è che ci sia una divaricazione tra le decisioni politiche prese dal Parlamento europeo e l’effettiva attuazione da parte della sua Commissione. Un precedente pericoloso – conclude l’Unione Italian Vino – che mette a rischio gli stessi obiettivi statutari dell’Unione.

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