Una nuova legge Ue rischia di spingere i torrefattori europei a ritirarsi dall’Etiopia e, quindi, mette a rischio i piccoli coltivatori di caffè. A lanciare l’allarme è la fondazione People for People, fondata in Etiopia negli anni ’80, il cui consiglio di amministrazione spiega che la legge sulla catena di fornitura avrà pesanti conseguenze. Infatti, a pagarne il prezzo sono 6-7 milioni di persone che vivono di caffè, a cui la fondazione vuole garantire un reddito migliore. L’EU Supply Chain Act obbliga le aziende a controllare le loro catene di approvvigionamento per eventuali violazioni dei diritti umani e ambientali fino alla “fonte” o sul campo. Sin da quando è stata presentata nel 2022, questa legge è stata osteggiata in Germania da associazioni industriali, produttori tessili, industria metallurgica, persino gruppi edili come Strabag, che ne hanno criticato l’enorme sforzo burocratico e il rischio che le aziende si ritirino dai Paesi in via di sviluppo, se non da interi continenti come l’Africa.
Ma il processo legislativo è andato avanti. “I piccoli proprietari terrieri non sono in grado di fornire le prove necessarie“, ha dichiarato il direttore esecutivo della fondazione tedesca, Sebastian Brandis, a Frankfurter Allgemeine Zeitung. Così i torrefattori si sono spostati in paesi come il Brasile o il Vietnam, dove il caffè viene coltivato da grandi aziende. Quindi, gli altri 30-40 paesi del mondo, in cui si stima che 8 milioni di piccoli proprietari coltivano caffè, sono rimasti tagliati fuori. Peraltro, la situazione è simile per i coltivatori di cacao e prodotti simili.
BRANDIS “CHIEDIAMO SOLUZIONI PRAGMATICHE ALL’UE”
La fondazione non mette in dubbio la bontà degli obiettivi perseguiti dall’EU Supply Chain Act, ma chiede “soluzioni pragmatiche affinché una legge ben intenzionata non abbia conseguenze indesiderate“. Ad esempio, propone un regolamento eccezionale o periodi transitori più lunghi per i piccoli proprietari terrieri, compresi aiuti finanziari in modo che possa essere impostata l’infrastruttura necessaria, idealmente digitale, per la prova di una produzione sicura. Il problema, secondo quanto riportato da FAZ, è che i negoziati sulla legge sono a buon punto: il Parlamento Ue e il Consiglio dei ministri l’hanno negoziata in prima lettura. Ora c’è una trattativa affinché venga concordata una posizione comune, quindi l’accordo potrebbe essere chiuso entro la fine dell’anno.
Di conseguenza, si è in una fase nella quale i cambiamenti fondamentali che vengono richiesti sono difficili da apportare. I piccoli agricoltori non sono direttamente interessati dalla legge, perché la legge si rivolge solo ad aziende di una certa dimensione, ma vengono colpiti indirettamente. Gli eurodeputati però sono sorpresi dalle critiche. In primis, perché le organizzazioni non governative che rappresentano gli interessi dei piccoli agricoltori, come il “fair trade advocacy”, promuovono da sempre la legge sulla filiera. Inoltre, per i Verdi questa legge protegge i piccoli agricoltori dalle multinazionali. D’altra parte, al momento non vi è alcuna certezza giuridica assoluta, ed è questo il grande timore, perché potrebbe essere poi troppo tardi con all’approvazione della legge.