Eugenio Borgna, psichiatra e storico innovatore dei metodi di cura ospedalieri dei pazienti affetti da problemi mentali, si racconta in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, nella quale ricorda i principali episodi della sua carriera da medico ed alcuni momenti importanti della vita privata. Da ex direttore del primo ed unico manicomio femminile in Italia, a Novara, dice di aver combattuto molto nella vita ma “più con gli altri psichiatri che con la follia“, come ha più volte dichiarato anche il suo allievo Umberto Galimberti, che lo assisteva nell’ospedale psichiatrico “Le malattie mentali non esistono, non si possono dimostrare. I farmaci sono al massimo adiuvanti. Conta molto di più interpretare i significati nascosti delle parole, le creature dell’anima“.
Affermazioni alle quali Borgna riconosce un fondo di verità “La sua è un’intuizione geniale, un po’ dilatata. Però è vero: mi sono sempre guardato da quelli che parlano della schizofrenia come se fosse l’influenza“, e aggiunge “Cogliere solo gli aspetti biologici della sofferenza psicologica è una concezione archeologica“.
Eugenio Borgna “La follia è la sorella sfortunata della poesia”
Eugenio Borgna della sua lunga esperienza al manicomio femminile di Novara dice che uno dei suoi segreti professionali risiede nella “mitezza“, perchè “Non curi senza tenerezza, accoglienza, ascolto, consapevolezza dei tuoi limiti, riuscivo a stare intere giornate ad ascoltare le pazienti“. E afferma “Ho sempre rifiutato l’elettroshock, così come i metodi contenitivi, camicie di forza e legacci“, preferendo invece un approccio meno violento “cercando di cogliere ciò che resta di umano“. A 93 anni Borgna visita ancora ammettendo che “La psichiatria è vita. E finché c’è vita, c’è ascolto“, e per lo psichiatra la peggiore sconfitta è il suicidio. E alla domanda “Che cosa è la follia?” Risponde citando Clemens Brentano “È la sorella sfortunata della poesia“.
In merito alla sua famiglia e ai rimpianti racconta che il momento più doloroso è stato quello della scomparsa di sua moglie, con la quale resta ancora un “dialogo senza fine“, ma anche il rammarico di non aver avuto figli. E sulla possibilità di una vita oltre la morte afferma “Sono cresciuto in una famiglia profondamente cattolica. Credo in ciò che sembra impossibile e coltivo la “spes contra spem” di san Paolo, la speranza contro ogni speranza.”