COME È MORTO EUGENIO SCALFARI
Lutto nel mondo del giornalismo: è morto Eugenio Scalfari, giornalista e fondatore di “La Repubblica”. Aveva 98 anni il decano dei giornalisti politici, icona della stampa progressista capace di attraversare diverse epoche e generazioni con cambiamenti anche importanti di “ideologia politica”. Trascinato in questi ultimi tempi dalla vecchiaia e da una lunga malattia che si portava appresso, Scalfari saluta il mondo del giornalismo che così tanto ha rappresentato in più di 60 anni di carriera.
Lo scorso 5 luglio le sue condizioni di salute erano già molto gravi tanto che alcuni – “Corriere della Sera” in primis – pubblicarono per errore il “coccodrillo” (articolo commemorativo sulla vita di un personaggio noto, preparato in modo da essere pubblicato non appena giunge la notizia della morte) sulla sua scomparsa. Venne poi tutto definito come “fake news”, ma si è solo rimandato di qualche giorno il triste annuncio. Scrive “La Repubblica” nel dare l’annuncio ufficiale della morte del suo fondatore: «Pochi come Eugenio Scalfari sono stati capaci di accogliere la morte con altrettanta vitalità. Fino agli ultimi giorni, prima di scivolare in una sorta di torpore, è stato vigile sul suo paesaggio mentale che andava acquistando profondità e colori diversi. E fino alla fine è rimasto un giornalista, un cronista curioso che ci raccontava la sua traversata vegliarda verso un pianeta a noi sconosciuto».
ADDIO A EUGENIO SCALFARI: LUTTO NEL GIORNALISMO, ECCO CHI ERA
«Scalfari è un narcisone ma è anche umile, andare da lui è come cenare con Kant, puoi parlare dell’illuminismo e del basilico»: così lo ricordava Roberto Benigni in un famoso ritratto offerto sulla figura di Eugenio Scalfari nel docufilm “Scalfari. A sentimental journey”. Il vuoto nel giornalismo di sinistra, ma in generale la mancanza nel vasto mondo della cultura italiana che aveva in Eugenio Scalfari un rappresentante illustre della storia politica del Paese, dal periodo della guerra – dove da giovanissimo era iscritto dal Partito Fascista – fino alla carriera da giornalista intrapresa prima nel mondo liberale, poi nella fase repubblicana e infine in quella legata al Psi.
È però il 14 gennaio del 1976 che segna la svolta per sempre della vita e carriera del giornalista originario di Civitavecchia: fonda infatti “La Repubblica”, quotidiano romano in risposta al rifiuto di Indro Montanelli di voler fondare un quotidiano assieme a lui. Difficile riassumere una carriera vastissima nel mondo del giornalismo e pure della politica, dove fu più volte deputato per vari partiti (PLI, PR e PSI): dal fondare “L’Espresso” fino a “La Repubblica”, dalla firma sul manifesto contro il commissario Luigi Calabresi (salvo poi pentirsene 45 anni dopo, ammettendo «quella firma era stata un errore) alle lotte contro Silvio Berlusconi e il Centrodestra. Il tutto, fino alla soglia dei 90 anni dove Eugenio Scalfari, profondo ateo, intervista il Papa iniziando un lungo rapporto epistolare mai concluso fino agli ultimi tempi.
SCALFARI, L’ATEISMO E IL RAPPORTO CON IL PAPA
La morte di Eugenio Scalfari lascia un profondo vuoto in chi, tanti, hanno avuto a che fare con lui nel corso della lunghissima carriera giornalistica e culturale: tra tutti, il rapporto con Papa Francesco è stato certamente il più chiacchierato e discusso, specie per le varie interviste rilasciate dal Santo Padre alla anziana firma di “Repubblica” con non pochi “terremoti mediatici” provocati. Dopo un editoriale in cui, tra il luglio e l’agosto 2013, si chiedeva diverse domande su fede e laicità fu Papa Francesco a prendere l’iniziativa e scrivere una lettera a Scalfari: «Mi pare dunque sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù.», scriveva il Papa nell’esordio della lettera. Fu quello l’inizio di un rapporto importante, definito anni più tardi di “profonda amicizia”, tra l’ateo giornalista e il Pontefice cattolico: nell’ottobre 2013 fu poi lo stesso Papa Francesco ad essere intervistato per la prima volta da Eugenio Scalfari con alcuni elementi che suscitarono polemiche importanti all’interno della Chiesa.
Scalfari infatti voleva far contrapporre il metodo di Francesco con quello dei predecessori (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, di cui il direttore di “La Repubblica” non ebbe mai una grande stima personale), ma non solo: «Il Papa dice: la verità non è assoluta, è una verità di relazione, ciò vuol dire che i cattolici giudicano dal loro punto di vista… papa Francesco accetta che la verità anche per i credenti è sempre un verità in relazione al loro giudizio; per i non credenti la verità è la propria coscienza e quindi l’autonomia. Il suo predecessore disse che il relativismo è il nemico principale della fede, lui (Francesco) non dice questo, dice il contrario». Così poi anche in altre occasioni – come quando riportò tra virgolettati del Papa il fatto che «non esiste un unico Dio cristiano» – Scalfari venne contestato, alcune volte anche smentito direttamente dal Vaticano, per non riportare appieno il concetto espresso dal Santo Padre. Nell’occasione dell’intervista tra settembre e ottobre 2013, in particolare, il Papa disse invece che la verità è una relazione per il Cristianesimo (è il rapporto con Cristo in carne ed ossa) e non è relativa, come invece pensava Scalfari. Il rapporto però si mantenne lo stesso, con il Papa che in più occasioni si interessò al dialogo con l’ormai divenuto amico ateo e ultranovantenne: Scalfari in una intervista tv a “Tagadà” nel 2019 arrivò ad ammettere, «La mia amicizia nasce con Francesco dalla mia precedente amicizia con il Cardinale Martini che la pensava come il Papa, cioè vedeva la necessità che la Chiesa tenesse conto in quale tipo di società opera: siccome la società è mobile e cambia, per tutelare il nocciolo della religione deve affrontare il nocciolo della cultura sociale». Un rapporto, tormentato ma vivo, che non evitò alcuni “scivoloni” del giornalista nel riportare non fedelmente il pensiero del Papa; ma che infine vedeva in Papa Bergoglio una necessità e un desiderio di condividere con chi non la pensava come lui