Il commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson, l’altro giorno è intervenuta sui rincari del prezzo del gas e dell’energia elettrica che stanno mettendo in crisi il sistema industriale, da ultimo in Italia il settore delle cartiere e delle piastrelle, e le famiglie europee. Il commissario ha spiegato che i membri dell’Unione non hanno trovato un terreno comune anche se la centralizzazione a livello europeo degli acquisti di gas, probabilmente un bel modo per scaricare il problema, per altri sarebbe la soluzione. Il commissario europeo ha ricordato che il problema è “globale”.
Questa purtroppo è una mezza verità. È verissimo che i rincari dei prezzi dell’energia elettrica sono un problema globale, ma non è affatto vero che i rincari siano uguali ovunque. Per esempio, il grafico qua sotto è tratto dal rapporto trimestrale sui mercati dell’elettricità europei della Commissione europea: i prezzi dell’elettricità sono in effetti cresciuti ovunque, ma in nessuna area globale come in Unione europea che stacca tutti nettamente. È un report del secondo trimestre, concluso a giugno, ma i prezzi sono esplosi nel terzo trimestre e quindi la situazione attuale è molto peggiore.
L’indipendenza energetica e i prezzi dell’energia sono un tema geopoliticamente molto sensibile. Senza energia affidabile a costi contenuti il sistema industriale non può prosperare e un Paese è ricattabile. Nelle ultime settimane, sempre ammesso che non lo sapessimo già, è diventato chiaro come la transizione energetica sia un tema eminentemente politico. La Cina annuncia obiettivi di decarbonizzazione al 2060, tra due generazioni, l’America di Biden fa dietrofront spaventata dai costi colossali per la classe media e le imprese, l’Europa che pure rappresenta una frazione del problema globale tira dritto con i soliti distinguo perché ogni Stato ha un suo sistema industriale, sue proprie relazioni geopolitiche e quindi proprie e uniche politiche energetiche su cui non può esistere una convergenza stante la natura attuale dell’unione.
L’unica soluzione proposta dal commissario europeo è stata un controllo degli operatori di mercato per verificare che non esistano politiche anti-concorrenziali. Non c’è nulla di meglio per rappresentare quanto la burocrazia europea pensi di vivere in un mondo ideale che probabilmente non c’è mai stato e che sicuramente non c’è più. È l’assunzione che tutto si possa risolvere con “il mercato” o controllando che il mercato funzioni perfettamente. Questo avviene negli stessi giorni in cui diventa a tutti chiaro quanto costino all’Europa i cattivi rapporti con la Russia, le politiche confliggenti dei Paesi membri nel Mediterraneo e la mancanza di qualsiasi visione strategica che avrebbe potuto trovare alternative.
L’esplosione dei costi energetici è un prodotto di due fattori. Le politiche di immissione di liquidità per combattere la crisi e la mancanza di offerta. Tralasciamo la prima questione. La seconda si risolve o avendo fonti energetiche all’interno dei confini europei o in “acque internazionali” o consolidando rapporti politici e geopolitici con i Paesi produttori dalla Russia ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In questo secondo caso l’esempio è proprio l’Italia del miracolo economico che invece oggi subisce la crisi libica. La transizione energetica con cui l’Europa sogna di risolvere il problema non solo è costosissima, ma non è nemmeno detto che funzioni perché potrebbe regalare all’Europa la desertificazione industriale via perdita di competitività delle imprese europee. Gongolare perché gli incrementi dei prezzi energetici rendono competitive le rinnovabili è un lusso che si possono permettere i burocrati.
Gli altri, il ceto medio in primis, sono quelli che dovranno pagare il sogno spegnendo i caloriferi oppure rinunciando alle vacanze. Sempre ammesso che ci sia energia per tutti e non si avveri lo scenario che qualche banca d’affari, per esempio Goldman Sachs, ha messo nero su bianco: la distruzione della domanda come soluzione agli squilibri tra domanda e offerta nel mercato del gas europeo. Significa che il problema si risolve perché le imprese chiudono e i cittadini si mettono due maglioni in casa.
L’approccio della burocrazia europea e di chi pensa di affidargli il problema è fallimentare. È un approccio ideologico per cui si possono e si devono imporre sacrifici enormi alla generazione attuale per il bene dell’umanità futura. È uno schema già visto che ricorda solo cose molto tristi.
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