Svernare al caldo e passare l’estate al fresco. Non è una preferenza alla Massimo Catalano, il filosofo dell’ovvio di Quelli della notte: è il trend che sta agitando mezza travel & hospitality industry, specialmente quella dei Paesi nordeuropei, che sperano nei cambiamenti climatici per promuoversi a player competitivi nella geografia dei flussi turistici. Una fibrillazione tanto inutile quanto sintomatica della disarmante fragilità del settore: non c’è niente, ma proprio niente di nuovo, insomma, visto che da sempre i vacanzieri più meteosensibili hanno seguito quelle transumanze. Ma vista la trazione decisamente nordica dell’Unione Europea, ecco adesso che l’Eurobarometro (che altro non è che un sondaggio di opinione condotto per conto della Commissione Ue) ci spiega che la maggioranza dei cittadini europei ritiene che il cambiamento climatico sia un problema serio per il mondo (93%).
E sostiene che con un ipotetico aumento di temperatura di 1,5 gradi destinazioni quali Spagna, Grecia e Portogallo andrebbero incontro ad una diserzione fatale di flussi, a tutto vantaggio di Paesi tipo Lituania, Irlanda, Svezia e via dicendo. Sembrerebbe un avallo delle temerarie esternazioni via social del ministro della salute tedesco Karl Lauterbach, che durante le sue vacanze rigorosamente italiane ha scritto che il cambiamento climatico “sta distruggendo l’Europa meridionale: un’era volge al termine”. Un fuoco incrociato che somiglia a un marketing aggressivo, basato comunque su qualche fondamenta incontrovertibile. “Il cambiamento climatico è un problema molto serio per l’83% degli italiani e per il 77% degli europei, percentuali che salgono rispettivamente al 96% e al 93% comprendendo anche quanti in Italia e in Europa lo ritengono un problema piuttosto serio”, recita ancora il più recente sondaggio Eurobarometro. Tralasciando le sottigliezze linguistiche (tra molto e piuttosto si potrebbe discutere) è banalmente prevedibile che in un’estate particolarmente calda a Sud e assurdamente piovosa al Nord il “sondaggiato” (si potrà dire sondaggiato?) risponda così.
Anche perché la memoria meteo media è quanto di più volatile si possa immaginare, e già dire se oggi è più o meno caldo della stessa giornata della scorsa settimana equivale a uno sforzo improbo. Certo, ci sono le statistiche e le registrazioni di mille enti e siti, quelli che la mattina si consultano per sapere se piove o c’è il sole, anziché alzare la tapparella. Ma le variazioni medie cui fa riferimento l’ipotesi di Eurobarometro non riescono a convincere sull’eventuale conseguente cambio di abitudini. Un altro programma Ue, detto Copernicus (ex Gmes), dice che lo scorso mese di luglio è stato il mese più caldo di sempre, con 0,33 gradi in più rispetto al luglio 2019, che fino ad ora era stato quello in testa. Dunque, 0,33 gradi. Difficile credere che una variazione di questo tenore possa davvero incidere sulla scelta di destinazioni dall’appeal inossidabile. Uffa, no, quest’estate non andiamo in Sardegna o a Roma: ci sono 0,33 gradi in più. Sarà, ma le proiezioni catastrofiste non convincono più di tanto.
Non significa che il problema del riscaldamento globale non esista, ed evitando attentamente i meteo-negazionisti stile Trump è bene invece preoccuparsene fin da subito, anche sulla scia di quell’altro dato emerso dal sondaggio europeo: il 73% degli europei riconosce che “il costo dei danni causati dal cambiamento climatico è molto più elevato degli investimenti necessari per una transizione verde. E comprendono la minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici e continuano a sostenere l’azione a favore del clima”. “Riconoscono i rischi a lungo termine posti dalle crisi del clima e della biodiversità, ma anche l’opportunità che abbiamo di costruire un futuro più luminoso, più sano e più sicuro se agiamo ora per promuovere la transizione verde”, come ha dichiarato il commissario Ue per il clima, Frans Timmermans, che s’è appena dimesso per essere libero di candidarsi alle prossime elezioni olandesi di novembre. Eurobarometro dice ancora che il 75% degli europei e l’87% degli italiani pensano che la lotta ai cambiamenti climatici favorirà l’innovazione. E praticamente tutti percepiscono i cambiamenti climatici come una minaccia anche nella vita quotidiana.
Minacce o ipotesi azzardate a parte, è evidente che il clima avrebbe bisogno di una manutenzione globale straordinaria, visto che i check-up regolari sono stati ignorati per troppi anni e per troppa parte di mondo. Ma nella lista delle nostre priorità, almeno alla pari, andrebbe messa la cura dei territori, a cominciare dall’efficienza della viabilità, dalla prevenzione dei dissesti, e dalla dissuasione agli incendi volontari, queste sì vere e immediate criticità che ci toccano da vicino, alle quali si potrebbe però porre rimedio, magari non facilmente, ma comunque alla portata di azioni determinate. Perché alla fine per l’industria del turismo italiano quei 0,33 gradi in più o in meno possono non incidere più di tanto, ma gli ettari a fuoco, i resort sfollati, le continue frane in montagna, le inondazioni nelle città, perfino la chiusura di un traforo, questi sì, e tanto.
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