Bruxelles non sembra preoccupata dello stop alla ratifica del Recovery fund arrivato dalla Corte Costituzionale tedesca alla fine della scorsa settimana. “Siamo convinti che il piano di ripresa sarà lanciato come previsto e il nostro obiettivo resta di completare il processo di ratifica da qui alla fine del secondo trimestre di quest’anno”, ha detto un portavoce dell’Ue. Quasi contemporaneamente al pronunciamento dei giudici di Karlsruhe, nel corso dell’ultimo Consiglio europeo, Mario Draghi ha rilanciato gli eurobond. Solo una coincidenza? «Probabilmente non del tutto – è il parere di Sergio Cesaratto, Professore di Politica monetaria europea all’Università di Siena -. La Corte di Karlsruhe ha per ora sospeso la ratifica del Presidente della Repubblica tedesco.



Suppongo che nelle prossime settimane la Corte si affretterà a limitare le conseguenze del ricorso del prof. Bernd Lucke, il fondatore dell’AfD (Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra) che, con altri docenti euroscettici, ha chiesto alla Corte di fermare la legge di approvazione del Recovery Fund in quanto anti-Costituzionale. Le ragioni del ricorso sono sempre le medesime: la legge costituzionale tedesca impone uno stretto controllo parlamentare sulla politica fiscale e questa, rebus sic stantibus, non può essere demandata a Bruxelles». 



Cosa accadrà secondo lei?

La Corte tedesca probabilmente ascolterà le ragioni dei ricorrenti e respingerà l’istanza con la clausola che la cessione di sovranità fiscale sia una tantum e dettata dall’emergenza pandemica. Altro che Hamiltonian moment, la svolta federalista americana alla fine del XIX secolo, quando i debiti dei singoli Stati furono messi in comune. Fu il vero atto di nascita degli Stati Uniti.

Non è certo la prima volta che si parla di eurobond, ma tutte le proposte sono finora cadute nel vuoto. Draghi lo saprà bene. Perché allora ne ha riparlato ora?

È un messaggio all’establishment tedesco: guardate, per quanto l’Alta Corte tedesca si sforzi di mettere paletti alla mutualizzazione del debito, sia nei riguardi degli acquisti da parte della Bce che della prima e per ora piccola ed episodica forma di eurobond, questa è la direzione. L’unica peraltro che dopo la tempesta della pandemia e il lento logoramento sofferto dall’Italia nell’euro può garantire la sopravvivenza della moneta unica.



C’è appunto chi evidenzia che con il Recovery fund sono previste emissioni di titoli da parte dell’Ue, in pratica una forma di eurobond. Cosa ne pensa?

La tenuta del debito pubblico italiano non potrà essere garantita se non con forme di cospicuo sostegno europeo, da parte della Bce e con forme di emissione di titoli del debito comune (magari limitata gli investimenti pubblici), i famosi eurobond quindi. L’alternativa sarebbe una ristrutturazione del debito pubblico italiano accompagnata dall’austerità fiscale. Ambedue le misure sarebbero pagate in primis dai medesimi italiani, e persino un moderato come Draghi si opporrebbe. La Corte Costituzionale tedesca si oppone a questa evoluzione, pungolata dai ricorsi dell’ultradestra. Continuerà una guerriglia piuttosto che aversi un esito definito, federalismo fiscale o rottura dell’unione monetaria. Senza una riforma costituzionale tedesca (e forse di altri Paesi), riforme profonde della governance europea non sono possibili. 

E quanto è probabile che ci sia un cambiamento così importante in Germania?

Solo un possibile governo Spd-Grünen-Linke potrebbe arrivare a tanto, ma ci vorrebbe un coraggio e soprattutto un consenso dell’opinione pubblica tedesca enorme. Del resto senza una qualche forma di mutualizzazione dello stock del debito – cioè di quello passato, non solo di quello nuovo – in caso di ripresa economica e di risalita dell’inflazione una comune politica economica europea può risultare complicata. L’Italia ha necessità di tassi sul debito vicini allo zero per poterlo sostenere o ridurre, e poter crescere un poco. Qualunque sia il tasso di inflazione. A parte introdurre una maggiore tolleranza per l’inflazione, se si vorranno aumentare i tassi, allora non c’è altra strada dal riemettere il debito italiano in scadenza con una garanzia europea.

Secondo un portavoce di Bruxelles, la decisione della Corte costituzionale tedesca non causerà ritardi e il processo di ratifica del Recovery fund da parte di tutti i Paesi membri avverrà comunque entro metà anno. Cosa ne pensa?

Come detto sopra, prevarrà la realpolitik. Piuttosto mi faccia aggiungere questo: la performance europea nei confronti dell’approvvigionamento dei vaccini è stata penosa. Big Pharma si è fatta le beffe dell’Europa. L’ex Segretario di Stato statunitense Henry Kissinger rimase famoso per aver un giorno sarcasticamente domandato: “L’Europa? Qual è il suo numero di telefono?”. E il l’Alto (sic) rappresentante europeo in politica estera è stato beffeggiato a Mosca qualche settimana fa. Voglio dire, aver pensato a una politica dei vaccini unica è stato un buon passo. Ma senza un’Europa politica, dai vaccini alla moneta l’Europa continuerà a rivelarsi un disastro. Però il passaggio all’Europa politica è tremendamente difficile e a sua volta rischioso. Poi ce la pigliamo sempre con la Germania. Ma la Francia non mi sembra federalista. E noi siamo sicuri di esserlo? L’aver messo assieme la moneta con remote possibilità di un’unione politica è stato un errore esiziale.

L’Italia è finora l’unico Paese che appare intenzionato a utilizzare tutta la quota dei fondi a prestito del Recovery fund. Sbaglia l’Italia o sbagliano gli altri Paesi?

Questo ha colpito anche me. Da un lato alcuni Paesi “virtuosi” già si approvvigionano sui mercati a tassi bassi, e non hanno dunque necessità di questi prestiti; mentre evidentemente altri come la Spagna sono disponibili a pagare qualche interesse in più pur di non indebitarsi con l’Europa. Non è una cosa buona per noi. Ricordiamo anche che utilizzeremo questi prestiti per finanziare spese già grosso modo previste, in maniera tale che non siano debito aggiuntivo a quello già in conto, costituendo così solo una maniera più economica di emettere debito. Solo gli stanziamenti a fondo perduto finanzieranno investimenti aggiuntivi. Se l’Italia sarà l’unica a ricorrere ai prestiti del Recovery Fund, bene verrà fuori il bluff europeo che gonfia gli effettivi stanziamenti agli Stati membri facendo passare quelli che sono prestiti per aiuti a fondo perduto. Non siamo alla millanteria dell’infamous Piano Juncker ma ci siamo quasi.

Il Recovery fund è stato concepito quasi un anno fa e forse con un’aspettativa diversa sulla durata della pandemia e delle relative ricadute sull’economia. Alla luce anche di quanto messo in campo dagli Usa, il piano europeo andrebbe rivisto o accompagnato da qualche altro intervento?

Appunto, quanto si fa in Europa impallidisce rispetto ai trilioni del Piano Usa. Ricordiamo che negli Usa l’espansione della spesa pubblica in disavanzo è svolta a livello federale col sostegno della Fed, non dai singoli Stati dell’Unione privi di banca centrale e dunque vincolati al pareggio di bilancio. Ma gli Usa sono un’unione politica, hanno un telefono, mentre l’Europa di fronte alla pandemia è allo sbando, sia sul piano sanitario che economico. Vedremo dopo le elezioni tedesche, ma non si vedono leader coraggiosi all’orizzonte, e la Merkel è stata per anni una temporeggiatrice che speriamo di non dover rimpiangere.

Alla luce della situazione il ruolo della Bce diventa ancora più cruciale? Per quanto l’Italia potrà contare ancora sui suoi acquisti di titoli di stato?

Sarà il male minore che la Germania dovrà accettare, a meno di fare scelte radicali in un senso o nell’altro. Vedremo col prossimo Governo.

(Lorenzo Torrisi)

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