L’Europa ha recentemente deciso di suggerire una revisione dei rapporti degli stati membri con la Cina e con altri attori esteri al fine di difendere e preservare la potenza economica interna davanti alle nuove sfide tecnologiche moderne. Non si tratterebbe di nessun regolamento né, tanto meno, di una vera e propria legge, quanto piuttosto di un documento che sta circolando negli uffici di Strasburgo, con il quale la Commissione europea suggerisce agli stati di prendere alcuni provvedimenti. Il sentimento generale che emerge, comunque, è quello di dar adito alla sempre più diffusa reticenza di numerosi stati in Europa a collaborare, dal punto di vista tecnologico, con attori come la Cina o l’India, nella paura di aprire a nuove dipendenze strategiche che potrebbero mandare in crisi il mercato unico.
L’Europa si difende dalla Cina: i quattro settori da preservare
Insomma, l’Europa con il suo documento non vuole altro che cercare di salvare e preservare il mercato interno all’Unione, oltre alla propria indipendenza economica. L’esecutivo, così, ha indicato quattro settori sui quali gli stati membri dovrebbero iniziare a rivedere la propria dipendenza da attori come Cina e India. Si tratta in tutti e quattro i casi di settori tecnologici avanzati e che sono (o saranno) centrali nel corso dei prossimi anni, ovvero: i semiconduttori più avanzati, le biotecnologie, l’intelligenza artificiale e le tecnologie quantistiche.
Ciò che preoccupa maggiormente l’Europa in quei quattro settori è la capacità di trasformare e lavorare con quelle tecnologie, con un particolare occhio di riguardo al loro impiego militare e all’eventuale violazione dei diritti umani. Nell’ottica della difesa del mercato europeo, il consiglio dell’esecutivo UE è quello di perseguire tre possibili strade, dalla promozione dello sviluppo interno, alla protezione dei risultati raggiunti, fino anche alla stipula di nuovi partenariati con i paesi esterni all’Europa che non vadano, però, nell’ottica della dipendenza. A conti fatti, però, si tratta solamente di una nota informativa e spetterà ai singoli stati decidere come agire, almeno fino alla fine dell’anno in cui è previsto che Commissione e paesi raggiungano un accordo su come agire comunitariamente.