È vero: in Italia siamo ormai abituati a personaggi pittoreschi, che arrivano un po’ da tutte le parti, da destra e da sinistra, dal centro e dalle varie sfumature di posizioni politiche. Gli stessi giornali occidentali più accreditati nell’informazione sulle questioni internazionali restano allibiti di fronte all’Italia dei dibattiti surreali, delle paracomiche e tragiche orazioni sulla guerra, degli interventi senza replica dei propagandisti di Putin sulla tragedia che si sta consumando da oltre tre mesi in Ucraina. Persino il direttore del telegiornale de La7 ha gettato la spugna, dopo la centesima puntata che ha seguito i cento giorni di guerra con un ascolto di basso livello, in qualità e numeri.



Nonostante che il compianto Giampaolo Pansa lo avesse battezzato “mitraglia”, il direttore del Tg de La7 si è schiantato di fronte a una serie di notizie frammentarie e ha esaurito le pallottole della sua “mitraglia”.

Tuttavia se il dibattito che offre l’informazione italiana è di un livello molto basso, in perfetta sintonia con quello che rappresenta oggi la politica italiana, ci si può consolare guardando a quello che  sul piano solamente politico accade nell’Unione Europea. La sempre sorridente Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e leader di quella che fu battezzata la “maggioranza Ursula”, dirige ben 27 Stati, dove il principio delle scelte è basato sulla unanimità. Alla faccia dello spirito democratico, Cipro e Malta possono bloccare qualsiasi scelta con un “no” e oggi, nel cuore della tragedia ucraina, l’ungherese Viktor Orbán, che rappresenta di fatto il 2 o 3% per cento dell’intera popolazione europea, riesce a bloccare, a ritardare, a costringere a compromessi incredibili le scelte dell’Ue. 



A parole, da mesi se non da anni, Orbán è considerato uno dei leader nazionalisti e autoritari che fanno sobbalzare tutti i grandi “democratici” occidentali. È uno dei bersagli preferiti dei “veri europeisti” a parole. Eppure quando si parla di sanzioni contro la Russia, contro quel “chierichetto di Putin” che è il Patriarca di Mosca, cioè Kirill, o ancora quando si parla  di petrolio e di gas, Orbán riesce a difendere i suoi interessi e le sue alleanze con una semplicità e dei “no” secchi che sembrano disarmanti. Sembra quasi divertirsi a ritardare e a pasticciare tutto. E non sembra che ci sia qualcuno che si indigni al punto di richiamarlo all’ordine o di porre la questione di una cacciata o di una sospensione dell’Ungheria dall’Unione Europea.



Qualche mese fa, prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, Ungheria e Polonia venivano richiamate duramente da Bruxelles per le violazioni contenute nel loro ordinamento giuridico e per la loro prassi giudiziaria. Sembrano tempi lontanissimi. Al momento, la Polonia e l’Ungheria sono divise profondamente nel giudizio sulla Russia: i polacchi condannano la politica di Putin, senza se e senza ma, mentre gli ungheresi sembrano l’asso nella manica del Cremlino nell’Unione Europea. 

In definitiva, guardando anche con una certa superficialità, la famosa e grande compattezza dell’Occidente, e dell’Europa in particolare, fa acqua da tutte le parti e si scontra soprattutto con il leader ungherese, che ritarda le sanzioni, compromette i rapporti tra gli Stati e confonde continuamente, in un intreccio di interessi, i contratti energetici tra la Russia e i Paesi occidentali, la Germania soprattutto e l’Italia, che hanno una dipendenza energetica dalla Russia che è una delle tante vergogne dei governi tedesco e italiano negli ultimi venti anni.

Però c’è ancora qualche cosa di più interessante in tutta questa vicenda. Si dovrebbe comprendere esattamente perché Orbán è alla fine considerato come “un rompiscatole” dell’Unione Europea che la fa sempre franca. Forse ha ragione Henry Kissinger, che va ormai verso i 99 anni e che cerca da circa trent’anni il numero di telefono dell’Europa. Ma forse emerge un’ altra realtà, e cioè che il “cattivo” Viktor Orbán è più utile di quanto sembri per fornire alibi e tutelare gli interessi di molti Paesi di questa Europa senza capo né coda, che non ha nulla di politico, che non ha mai avuto una costituzione, che si occupa soprattutto di questioni finanziarie e diventa isterica (come ai tempi dello “strangolamento” della Grecia) per il valore dell’euro e per le sue banche.

È evidente che una simile Unione Europea, di fronte a questi fatti, assomigli sopratutto a una sorta di “confraternita finanziaria” dove, al momento giusto, l’Unione stessa si scioglie in un gruppo di Paesi che, in perfetta ipocrisia, vanno ognuno per conto loro e fanno soprattutto i loro interessi pur dichiarando fedeltà all’Ue e ai suoi principi!

Forse la svolta epocale, che quasi tutti prefigurano con questa guerra dell’Ucraina, riguarderà proprio l’Europa, che non è una confederazione, che tanto meno può essere una federazione, ma non è neppure un’Unione come speravano i grandi europeisti come De Gasperi, Schuman, Adenauer per non parlare dei Rosselli. L’idea di una unità operativa, con una politica estera comune, con una difesa comune, con un’autentica politica economica, in tutti i suoi risvolti comuni, in questi tre mesi ha rivelato la sua inconsistenza e la sua congenita incapacità.

Kirill, Patriarca di Mosca, sostiene che l’Occidente è ormai in mano a lobbies senza ideali, dedite a pratiche sessuali diaboliche. È probabilmente un ricco prete squilibrato. Ma se basta un Orbán a difenderlo e addirittura a lodarlo, vuol dire che l’Europa è meglio che tralasci qualsiasi azione politica, altrimenti potrebbero sorgere guai maggiori anche in questa tragica vicenda ucraina.

Meglio lasciar perdere e magari fare presidente ad honorem in questo frangente un personaggio come l’ungherese Orbán. Quando nascerà davvero l’Unione Europea, al momento non lo sa nessuno. E probabilmente lo si capirà con questa tragica guerra.

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