Adesso comincia a diventare sempre più evidente. Se prima si voleva bloccare Putin portandolo a fare la pace, ora, almeno alcuni, vogliono puntare alla caduta del “tiranno”. Ma siamo così sicuri che, morto un tiranno, non se ne faccia un altro? Siamo così sicuri che, al di là della personalità di Putin, ormai in Russia non si sia affermato un sistema di potere col sostegno, indubitabile, della maggior parte del popolo? Non è forse venuto il momento di rimettere in discussione, di cambiare, in meglio naturalmente, i sistemi democratici attuali, sempre più basati su scontri di potere e su interessi particolari? Anche dalle nostre parti.



Si dice che l’Europa ha trovato “l’unità”. A parte che la Bielorussia e la Russia non mi risulta siano in Oceania, non è che in fondo, ancora una volta, questa “unità” viene dall’essere contro ciò che è identificato come comune nemico? Ma già, a poco a poco, a seconda dei diversi interessi, questa proclamata unità sta andando in crisi.



Inoltre non vi sembra che questo nuovo europeismo stile “Europe first” non sia una forma di nuovo populismo? Basta pensare che noi europei siamo alla ricerca di nuove fonti energetiche alternative a quelle controllate dalla Russia, ma ben pochi, e in modo sommesso, dicono che la mancanza del grano, che fa aumentare i prezzi di certi prodotti al supermercato, produrrà una spaventosa crisi alimentare in molti Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, incapaci di comprare un prodotto divenuto di lusso.

Può insomma l’europeismo trasformarsi in una nuova forma di populismo?

A questo punto, forse con un pizzico di follia, vale la pena di evocare una nuova Internazionale, quella della carità. Questa comprenderebbe certo i massacrati ucraini, ma non escluderebbe neanche quelli del Terzo Mondo e nemmeno (udite, udite!) i sanzionati della Russia e affini. Certo, dice qualcuno, se la sono cercata, ma è pure vero che questo si diceva anche di noi e dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. È chiaro che una prospettiva di questo tipo prevedrebbe un cambiamento, non solo del governo della Federazione Russa.



Ribadisco, come già detto, che i primi protagonisti di questa Internazionale della carità dovrebbero sganciarsi il più possibile dai vari poteri politici statali che a volte vogliono controllarli e pretendere di avere una voce in capitolo quando si prendono quelle decisioni che riguardano anche il loro prezioso lavoro.

Non siamo “utili idioti” (mi ci metto nel mio piccolo anch’io), ma “stupidotti intelligenti”, cioè persone che cominciano ad avere più coscienza del loro ruolo. E anche questo è un cambiamento.

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