Italia, Francia e Spagna sono tre dei dieci Paesi al mondo con il maggior numero di persone centenarie. Non si tratta di semplice statistica, perché c’è un fenomeno politico, economico e sociale che preoccupa l’Europa. Dopo essere cresciuta per oltre mezzo secolo, la popolazione europea toccherà il picco nel 2026, ma poi il numero di abitanti nell’Unione europea è destinato a calare progressivamente con conseguenze negative, secondo il capo economista de La Banque Postale, Philippe Aurain, «sul fronte della produttività, delle finanze pubbliche, dell’attività economica». Le specifiche preoccupazioni cambiano in base al Paese. Ad esempio, in Italia il tema più sentito è quello dell’invecchiamento della popolazione, mentre in Belgio, ad esempio, preoccupa la carenza di manodopera; invece, in Germania si guarda all’integrazione degli stranieri, in Finlandia al calo della natalità.



A complicare la situazione due aspetti: la consapevolezza che influenzare l’andamento demografico è possibile fino a un certo punto, inoltre c’è un contesto nuovo, con sempre più giovani che non vogliono avere figli. Quindi, agire con misure efficaci è complesso. Per quanto riguarda le politiche di natalità, in Europa ci si divide in due grandi categorie. Ci sono Paesi che seguono politiche di lungo periodo e quelli che cambiano strategia. Del primo gruppo, spiega il Sole 24 Ore nella sua analisi odierna, ne fanno parte tendenzialmente Francia e Paesi scandinavi: questi ultimi agiscono sul Welfare State, sostenendo le coppie e madri con congedi parentali e altre facilitazioni, mentre i primi sono generosi sul versante fiscale, con buoni risultati.



NATALITÀ, COME SI MUOVE L’EUROPA E LA SITUAZIONE IN ITALIA

Ci sono poi Paesi che sul tema della natalità hanno una veduta corta e tendono a cambiare le politiche. Questo è il caso dell’Ungheria, mentre la Germania è uno a sé. Per anni ha aiutato le coppie con sussidi, anche generosi. L’ascesa al potere di Angela Merkel ha poi indotto i tedeschi a puntare su asili nido, è diventata più scandinava. «D’altro canto, l’unico approccio sostenibile è quello di lungo periodo», spiega al Sole 24 Ore il professor Francesco Billari, rettore dell’Università Bocconi di Milano, autore di “Domani è oggi – Costruire il futuro con le lenti della demografia”. Infatti, la Germania appare più dinamica dal punto di vista demografico rispetto alla Francia, anche per l’accoglienza di nuovi immigrati e uno sforzo maggiore all’integrazione degli stranieri.



Qualcosa è cambiato in Italia. L’esperto cita il Family Act o Assegno Unico, anche se le risorse sono «troppo limitate». Negli ultimi anni sono stati accolti molti immigrati, senza però perseguire il processo di integrazione che invece la Germania ha fatto proprio. Secondo il centro studi Idos di Roma, l’Italia rischia di perdere 7,8 milioni di lavoratori fino alla metà del secolo, quindi dovrebbe accogliere 280mila stranieri all’anno. Non un’impresa, considerando le pressioni migratorie, ma c’è il timore del “grand remplacement“, come lo definiscono in Francia, cioè la grande sostituzione della popolazione locale con quella immigrata.