L’Europa si è ritirata dal Sahel, lasciandolo nelle mani della Russia. Il Cremlino, come riportato dal Telegraph, ha stretto accordi con i Governi degli Stati precari e con confini porosi che lo compongono, dove facilmente avanzano il jihadismo, l’immigrazione senza documenti e le vie della droga. È qualcosa che rappresenta una minaccia fin troppo vicina per l’Occidente, che però se ne è preoccupato tardi.
La Russia, attraverso il famigerato gruppo Wagner, è atterrata nel cuore dell’Africa infatti nel 2016. Prima nella Repubblica Centraficana, poi in Libia e ora nel Sahel. I colpi di stato dei generali rinnegati, sostenuti in modo più o meno evidente da Mosca in cambio del controllo delle miniere, hanno cominciato a succedersi in Mali, Burkina Faso e Niger. È così che i militari occidentali sono stati cacciati, con gli Stati Uniti e l’Europa hanno mollato il colpo. I 27 membri dell’Ue non hanno infatti raggiunto un accordo per estendere le missioni.
Europa si ritira dal Sahel: il fallimento che favorisce la Russia
La débâcle che rappresenta al meglio il ritiro definitivo dell’Europa dal Sahel è sicuramente quella della Francia, che per dieci anni ha combattuto in questi Paesi contro il jihadismo. Parigi aveva basi e 1.500 soldati schierati grazie all’operazione Barkhane. Adesso non resta più nulla. L’ambasciatore francese a Niamey è rimasto barricato nella sede diplomatica per diverse settimane dopo che il governo della giunta militare istituito non era stato riconosciuto dall’Ue, poi è stato evacuato. ”L’era della Francafrique è finita”, ha affermato qualche mese fa il presidente Emmanuel Macron.
Le conseguenze di questo stravolgimento politico si preannunciano preoccupanti. La Russia potrebbe infatti usare il Sahel come arma contro l’Europa, sfruttando in particolare il jihadismo, l’immigrazione irregolare e il traffico di sostanze stupefacenti. Il problema più grande però è che la situazione è difficilmente reversibile a breve termine. Per ricucire i rapporti serviranno decenni.