Nel giorno in cui sia il Premier Conte che il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio al Festival dello Sviluppo Sostenibile ribadiscono l’importanza dei fondi europei del Recovery Funddeve essere l’occasione per unire il mondo produttivo e quello istituzionale. Dobbiamo spendere in maniera concreta e veloce i 210 miliardi a disposizione e costruire un modello a misura di impresa italiana»), da Strasburgo e Bruxelles arriva uno stop inatteso nel dialogo tra Parlamento Ue e Consiglio Europeo che non promette nulla di buono sulla tempestività di arrivo di questi fondi tanto attesi. «Non ha senso parlarsi se una parte mostra poca disponibilità al compromesso», ha lanciato secco il deputato tedesco dei Verdi Rasmus Andresen dopo che il settimo round di negoziato fitto si è risolto in un nulla di fatto. Servono nuovi margini di amplia flessibilità per poter affrontare le sfide e le crisi dei prossimi 7 anni, «non i trucchetti» come ha denunciato il deputato dei Popolari spagnolo José Manuel Fernandes. La presidenza di turno della Germania respinge le accuse e – come riporta l’inviato dell’Huffington Post – sottolinea «E’ spiacevole che l’Europarlamento  abbia perso l’opportunità di portare avanti oggi i negoziati sul bilancio. L’offerta di compromesso è valida», ma – utilizzando un’immagine piuttosto esplicita – «per ballare il tango bisogna essere in due».



COAS RECOVERY FUND: SOLDI A RISCHIO?

Come noto la trattativa europea verte tanto sul Next Generation Eu quanto sul bilancio programmatico europeo dei prossimi 7 anni: «finora la proposta arrivata dal Consiglio Ue a guida tedesca non ha trovato minimamente gradimento nei gruppi parlamentari di Bruxelles. Mi spiace constatare che, nonostante i sei dialoghi trilaterali, il Consiglio non si sia mosso e non ci sia nulla di nuovo nella sua proposta», commenta amaro il presidente della Commissione Bilancio dell’Europarlamento Van Overtveldt. Oltre al Recovery Fund, a naufragare nelle trattative al momento si è inserito anche il nodo dello stato di diritto con Polonia e Ungheria che mettono sul piatto lo “scambio” dell’ok a più fondi in cambio di meno controllo sugli standard democratici degli Stati membri. Fa sapere il Parlamento Europeo che si potrà arrivare a un rapido accordo a vantaggio dei cittadini europei «solo se il Consiglio presenterà una proposta veramente sostenibile per rafforzare i programmi ‘bandiera’ che saranno disperatamente necessari nei prossimi sette anni». In questo modo però, senza un vero accordo tra Consiglio e Parlamento Europeo, il rischio che il Recovery Fund tardi ulteriormente è concreto, con la possibilità di ratifica dei piani nazionali entro la fine del 2020 che diventa sempre più utopica.

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