“Se la Ue, e i suoi paesi membri anche da soli, non trovano uno spazio nella partita con la Cina, smetteranno di esistere e il continente europeo diventerà terreno di conquista di forze contrarie all’Unione”. A dirlo è Francesco Sisci, giornalista, già inviato della Stampa a Pechino e poi del Sole 24 Ore, docente alla Renmin University of China. Con Sisci siamo partiti da un’analisi del voto europeo in Italia per arrivare alla crisi dell’Unione e alle mosse che servirebbero a Salvini per giocare la partita europea senza esserne schiacciato. C’è ovviamente posto per il disastro a 5 Stelle e per il Pd formato Zingaretti.
Come valuta la vittoria della Lega e quello che Salvini ha detto dopo le urne? Il governo, così il leader della Lega, deve continuare.
Salvini da oltre un anno ha spinto con forza sul suo partito e domenica ha raccolto un successo al di là di molte previsioni, ha praticamente raddoppiato. Ma in parallelo il M5s, il partner forte di questo governo, si è dimezzato, anche questo al di là di ogni previsione. Si potrebbe dire che la somma dei due risultati alla fine riporta praticamente il governo alla stessa somma di prima del voto. In realtà non è così.
Perché?
Perché o metà dei deputati M5s passa nel gruppo Lega, o il M5s giura obbedienza a Salvini, oppure la chimica del governo deve tornare a riflettere la chimica che è uscita dalle urne. E c’è una differenza sostanziale tra i due partiti su come fare il prossimo Def, rilanciando gli investimenti (Lega) o distribuendo sussidi (M5s).
Se la differenza tra risultato di domenica e realtà di governo fosse stata minore forse le cose si sarebbero potute aggiustare?
Forse. Ma così? Il nord produttivo leghista potrebbe accettare ancora le spese a pioggia del M5s?
Qual è il messaggio mandato a Salvini dagli italiani che lo hanno votato, secondo lei?
Da Salvini vogliono più sicurezza, in senso lato, e più investimenti. Vogliono uno Stato che funzioni di più e meglio. C’è il panico dell’“invasione” dei migranti, che cambia il tessuto sociale e antropologico del paese e toglie spazi di sicurezza alla classe media che teme di precipitare verso il basso. Nel voto è poi contenuta una maggiore spinta verso investimenti dello Stato e verso misure che migliorino lo spazio di azione per le imprese.
Che impressione le ha fatto Di Maio in conferenza stampa? E cosa dice della sua analisi?
È sembrato evasivo e confuso. Ha detto che il M5s imparerà dagli sbagli, ma poi non ha detto quali sono questi sbagli. Poi c’è un particolare importante che non sfugge, visto da un paese come la Cina dove c’è il partito-Stato ma dove si è attenti alle differenze. Di Maio ha commentato il risultato del suo partito nella sede di un ministero di Stato. Che significa? Vuole fare un partito-Stato, o è semplicemente confuso? Inoltre Di Maio ha perso, e Renzi dopo la sua sconfitta si dimise dal governo: perché lui non lo fa? E dopo Di Maio, ove ci fosse, il M5s cosa farà?
Quante domande. Cosa risponde?
Sono tutti elementi che non aiutano il Movimento, che o ha uno scossone, oppure potrebbe essere destinato a risultati ancora più bassi. Inoltre la grande volatilità del voto, con milioni di persone che passano da una parte all’altra, dimostra quanto i votanti si sentano ancora profondamente insoddisfatti dalla risposta politica di M5s. Per questo si lanciano verso l’ultima speranza, la Lega.
Salvini si propone di andare a trattare regole più elastiche – o addirittura nuove regole – per l’Italia nella “nuova” Ue uscita dalle urne. Che spazi di manovra ha il capo della Lega?
Credo che oggi tutti, nella Ue e fuori, siano d’accordo che la Ue non funziona così com’è. Il problema è come riformarla. Servono un progetto forte e una grande capacità politico-diplomatica di lavorare sotto e sopra traccia per una tale riforma. Il progetto forte deve essere condiviso con gli altri. Nessun paese in Europa, e l’Italia men che meno, ha la forza di spingere per un cambiamento a sua immagine e somiglianza. Anche un’uscita dalla Ue, ove fosse possibile – ma vediamo quanto sia difficile la Brexit, dove Londra non è neppure nell’euro – ha bisogno di una politica forte. Questa politica europea ad oggi nella Lega non c’è, perché Salvini ha flirtato con le destre che per prime detestano l’Italia per i suoi migranti e per il suo deficit. Il problema dei primi forse si potrebbe risolvere, il secondo è molto più difficile. Salvini ha bisogno della sponda dei popolari di tutti gli altri, e del resto l’ungherese Orbán, al di là delle sue retoriche, è nei popolari.
Cosa rappresenta nel contesto italiano e come va letto il risultato del Pd?
Il Pd è rinato come partito di opposizione. I prossimi mesi dovranno dimostrare che Zingaretti sa essere un’opposizione di sostanza e fattuale. Ciò aiuterebbe il paese a uscire dalla fase degli slogan di piazza e trovare soluzioni reali ai tanti problemi reali. Di certo c’è più pulizia. Renzi di fatto è stato punito, perché c’è stato il successo del partito senza di lui. Inoltre c’è stata anche la punizione del suo “alleato” virtuale, Berlusconi, perché l’8,7% con tre televisioni e tre giornali significa che senza la forza di quei media Berlusconi avrebbe preso lo zero virgola.
A proposito di Berlusconi. Che compito spetta ora a Forza Italia?
C’è lo spazio per una destra moderata, che in teoria è la maggioranza del paese. Questo spazio o verrà riempito da Salvini, che finalmente si sposterà al centro, o vedrà emergere qualcosa di nuovo. Berlusconi forse, anche per tutelare i suoi interessi, dovrebbe favorire tale nascita e non ostacolarla come ha fatto finora, altrimenti tra un po’ anche le sue televisioni potrebbero sparire.
Sono stati Di Maio e Conte a gestire la partita del memorandum con la Cina. Sappiamo com’è andata. Ora i due sono politicamente ridimensionati. Secondo lei che cosa deve fare la Lega di questo dossier?
Questa era un’occasione per l’Italia di essere vicina a tutti: Cina, Ue e Usa, invece è diventata l’occasione per attirarsi critiche da tutti. Bisognerebbe ricominciare da zero.
Il presidente cinese dopo essere venuto in Italia ha incontrato Macron, Merkel e Juncker. Pechino ridefinirà la propria strategia a seconda dei nuovi pesi politici e dei nuovi interlocutori europei?
La Cina non capisce bene il mondo esterno. È successo con gli Usa, dove non ha capito fino a ieri la gravità del risentimento americano contro la Cina, e succede in Europa, dove da una parte dice di tifare per l’unione politica europea, dall’altra fa accordi bilaterali con alcuni Stati che di fatto aiutano a incrinare l’unità europea. Credo che la Cina debba ripensare profondamente la sua politica estera e capire come funziona questo mondo, che, piaccia o no, obbedisce a “regole occidentali” da quando è stato scoperto il continente americano.
E l’Europa? Cosa dovrebbe fare nei confronti della Cina e degli Stati Uniti, alla luce della guerra economica in corso?
In questa partita la Ue e l’Italia sono molto divise. Gli Usa evidentemente stanno trattando con la Cina in maniera bilaterale. Inoltre la Ue, nonostante le aperture ottenute dalla Cina, non può schierarsi con Pechino in questa vicenda perché troppi sono i legami con gli Usa e troppe le controversie economico-commerciali e politiche che la dividono da Pechino. L’Italia e la Ue potrebbero e forse dovrebbero sviluppare una loro idea di come affrontare la Cina che aiuti a uscire da questa guerra commerciale e forse anche politica che si è aperta. Per questo però ci vorrebbe un centro di pensiero europeo che al momento non vedo.
Secondo lei non c’è soluzione?
Il fatto è che se la Ue, e i suoi paesi membri anche da soli, non ci sono e non trovano uno spazio in questa partita, tutti smettono di esistere e il continente europeo diventa terreno di conquista di forze contrarie all’Unione. La Russia, fermata ai tempi della guerra fredda con il muro contro muro, sta diventando la forza politica più influente d’Europa, ora che si infiltra in maniera più sottile. Mosca, per carità, ha le sue ragioni, ma le hanno anche i paesi europei e gli Usa, che hanno “inventato” l’Unione Europea.
(Federico Ferraù)