In Italia intende riavvicinare il Pd “alle tantissime persone che avevano riposto la loro speranza nel M5s e che oggi si sentono tradite”. In economia si propone abbattere l’evasione fiscale e creare 800mila nuovi posti di lavoro stabili; in Europa dice che occorre una profonda riforma costituzionale dell’Ue. Ma per questo serve “un’alleanza larga, da Tsipras a Macron, per fermare i nazionalisti”. Parla Nicola Zingaretti, segretario del Pd.



Segretario Zingaretti, se si sfascia questa maggioranza di governo, lei chiede il voto anticipato? Oppure direbbe sì a un governo tecnico di transizione con M5s?

Il governo ha creato problemi così enormi che, per risolverli, serve voltare pagina con un mandato forte da parte dei cittadini. I conti dello Stato, come ha detto il ministro Tria, sono a rischio. Servono scelte coraggiose e M5s e Lega hanno già dimostrato di non avere né la forza né l’autorevolezza per rimediare ai loro errori. Per questo credo che all’orizzonte non ci sia che il voto.



Davvero un percorso di avvicinamento di M5s al centrosinistra che lei ha in mente non è possibile?

Noi siamo alternativi al M5s. Quello che mi interessa, piuttosto, è riavvicinare il nostro partito alle tantissime persone che avevano riposto la loro speranza nel M5s e che oggi, giustamente, si sentono tradite. Penso soprattutto alle ragazze e ai ragazzi, a cui sono state fatte grandi promesse, ma sono stati consegnati solo enormi debiti, senza nessuna soluzione per migliorare le loro prospettive di vita. Noi dobbiamo metterci nelle condizioni di intercettare la loro voglia di futuro.

Renzi ha fatto del Pd il partito che si è dimenticato dei lavoratori e delle fasce più deboli. E lei?

Io non credo che i governi di centrosinistra abbiano dimenticato i lavoratori e le fasce più deboli. Semmai non hanno compreso a pieno la forza dirompente dell’aumento delle diseguaglianze. Per questo uno dei pilastri della nostra proposta per l’Italia è l’aumento degli stipendi bassi e medi. Bisogna innanzitutto ridare ossigeno a quella parte d’Italia che non ce la fa.

Lei ha proposto un programma imponente: stipendio minimo di 1500 euro/anno per 20 milioni di italiani; istruzione gratuita per i meno abbienti. Dove trova le coperture?

Le coperture ci sono, a partire da un piano di contrasto dell’evasione fiscale, che sottrae ogni anno 110 miliardi di euro alle casse dello Stato; accelerando la digitalizzazione dei pagamenti e portando dal 10% al 30% del Pil in tre anni le transazioni in formato elettronico; un programma triennale di revisione della spesa; e la riduzione degli interessi sul debito pubblico derivanti dal recupero di credibilità e dalla conseguente discesa dello spread.

Come pensa di far ripartire l’economia ferma? Ce lo dica in alcuni provvedimenti chiave.

Noi abbiamo iniziato a proporre le prime idee di un Piano per l’Italia basato su tre grandi priorità: abbiamo già parlato dell’esigenza di aumentare gli stipendi bassi e medi. La seconda grande priorità è destinare almeno 50 miliardi per lo sviluppo sostenibile. Scommettere sul rispetto dell’ambiente e sullo sviluppo sostenibile non è una scelta difensiva, ma un’opportunità fondamentale di crescita, di ridistribuzione della ricchezza, di benefici tangibili in termini di salute e qualità della vita delle persone, di creazione di nuovo lavoro. Dal nostro piano ci attendiamo circa 800mila nuovi posti di lavoro stabili nei prossimi 5 anni. Infine, un grande investimento per aiutare le famiglie e combattere il dramma dell’evasione scolastica azzerando i costi per l’istruzione per le fasce più povere, dall’asilo all’università. Giustizia sociale, svolta sostenibile e investimenti nella scuola e nella conoscenza sono i tre pilastri su cui ricostruire l’Italia.

Veniamo all’emergenza immigrazione. Ha decretato il successo di Salvini. Lei cosa sceglie di fare?

La verità è che Salvini non ha fatto proprio nulla sull’emergenza immigrazione, se non lucrare su vite umane e calcare sulla strategia della paura e dell’odio. Le politiche per gestire i flussi migratori sono una cosa molto più seria e complessa. Non possono ridursi allo slogan “porti chiusi”. Politica per l’immigrazione significa politica estera, coinvolgimento dell’Europa, riforma del regolamento di Dublino per un’equa ripartizione dei migranti, tutelando i diritti delle persone. E prevedendo sanzioni per i Paesi che non accolgono, come Orbán e gli altri amici di Salvini. Investimenti nei Paesi d’origine dei migranti, più politiche sociali per l’integrazione, sostegno ai Comuni e al Terzo settore.

Cosa pensa della riforma costituzionale di M5s e Lega, taglio dei parlamentari e referendum propositivo?

Arrivano tardi e sbagliano obiettivi e modalità, senza intervenire sul bicameralismo perfetto, che è il vero nodo. Sul referendum propositivo dobbiamo stare molto attenti a non trasformare una legittima richiesta di partecipazione in una strumentale contrapposizione tra eletti ed elettori; cosa che sarebbe molto pericolosa per la stessa democrazia.

Ci serve l’autonomia differenziata o no?

Dipende: quella leghista spaccherebbe l’Italia e creerebbe inaccettabili diseguaglianze tra cittadini italiani. Ma ci sono ipotesi alternative. Noi vogliamo migliorare la vita delle persone e l’efficienza delle amministrazioni garantendo i vincoli di solidarietà tra aree più deboli e aree più forti, come prevede la nostra Costituzione.

Terzo settore, non profit, corpi intermedi: che ruolo devono avere e cosa deve fare lo Stato?

Chi punta su un’idea di democrazia diretta in cui ci sono solo i cittadini e gli eletti fa un enorme errore, che indebolisce tutta la comunità e la qualità stessa della democrazia. Io al contrario penso che un rapporto positivo con i corpi sociali, le esperienze associative e di volontariato e i movimenti, con il mondo della cultura, sia fondamentale per tenere viva l’intelaiatura della democrazia italiana. La rete dei corpi intermedi e dell’associazionismo è vitale per difendere la democrazia in questo Paese.

Lei ha detto di volere l’Europa politica. Come pensa di arrivarci? Cosa propone?

Battersi per un’Unione politica ora vuol dire superare gli egoismi nazionali, rendere la Ue più vicina alle persone, dotarla delle risorse necessarie per aiutare i cittadini a guardare con fiducia al futuro. Nel nostro programma proponiamo di porre il Parlamento europeo, che rappresenta direttamente i cittadini, e il Consiglio, che rappresenta gli Stati, sullo stesso livello, su tutti i temi. E il prossimo Parlamento deve avviare una profonda riforma costituzionale dell’Ue. Il nostro orizzonte è quello degli Stati Uniti d’Europa, ora la sfida fondamentale è quella di una Ue più democratica, che metta fine all’epoca dei veti e riesca a dotarsi di un bilancio in grado di sostenere gli investimenti sul welfare, l’innovazione e la sostenibilità ambientale.

Che ruolo deve avere secondo lei l’architrave dell’eurosistema, la Bce? Quello attuale? O quello di prestatore di ultima istanza, che sicuramente la Germania e i suoi satelliti non vogliono?

La Bce ha svolto in questi anni un ruolo fondamentale per la stabilità dell’eurozona. Tuttavia penso che sia il momento di ridiscutere il suo ruolo in sede europea, anche ampliandone i poteri e definendo nuove funzioni e capacità di movimento. Sono scelte difficili e importanti, su cui l’Italia dovrebbe dire la propria: cosa che appare molto difficile, con Salvini e di Maio che ci hanno isolato e reso marginali in Europa e nella politica estera.

Quale asse politico europeo auspica e intorno a quali formazioni politiche?

Il Pd, con i Socialisti e Democratici, lavora prima di tutto per costruire un’alleanza larga, da Tsipras a Macron, per fermare i nazionalisti e cambiare l’Europa. Dobbiamo batterci prima di tutto per questo. E io sono fiducioso, perché per molti versi il clima è mutato, e ora la percezione che l’Europa debba fare passi in avanti decisivi è molto più diffusa che in passato. Dobbiamo fermare i sovranisti, che in Europa rimarranno una minoranza, e costruire un blocco di forze che vuole il cambiamento e un’Europa più democratica e più vicina alle persone. A quel punto io credo che molti equilibri potranno cambiare, in meglio.

(Federico Ferraù)