Caro direttore,
la lettera di Antonio Magliulo contro la possibile alleanza tra Popolari e Conservatori nelle prossime elezioni europee mi ha suscitato molteplici domande. Le eventuali risposte a questi miei interrogativi potrebbero forse essere di aiuto anche ad altri che, come me, hanno qualche difficoltà a comprendere cosa sia realmente il Parlamento europeo e cosa avvenga al suo interno.



Parto dalla proposta che chiude l’articolo: un’alleanza politica con altre forze di centro come la Renew Europe di Macron. Una mia prima domanda è se definizioni come centro, destra, sinistra, tipiche delle politiche nazionali di un tempo, abbiano ancora senso in questa nostra convulsa epoca. Mi chiedo se per il comune cittadino non siano diventati solo slogan senza uno specifico contenuto. Un interrogativo tanto più forte per il Parlamento europeo, in cui sono presenti partiti di 27 Paesi diversissimi tra loro per popolazione, lingua, cultura, religione e storia.



La stessa indeterminatezza si riscontra, a mio parere, nel caso di Popolari e Conservatori. I primi si richiamano certo a un’ispirazione cristiana, ma mi chiedo se si vada oltre una semplice ispirazione e se l’identità sia in realtà determinata dalla convenienza, o necessità, di differenziarsi da Socialisti e Conservatori, definiti dal professore “radicali partiti alternativi”. Per inciso, l’unico partito italiano presente tra i Popolari è Forza Italia (per la verità vi è anche la Südtiroler Volkspartei) e quindi, per l’Italia, da qui dovrebbe ripartire una nuova proposta di Partito Popolare.



È essenziale, quindi, riprendere una chiara identità che permetta un’adesione degli elettori per ideali e conseguenti progetti. Una identità che dovrebbe essere costruita all’interno di ogni Paese, per essere poi messa a confronto dentro il gruppo al Parlamento europeo. Un processo che mi sembra non sia stato ancora avviato e non facilitato da una struttura dell’Unione Europea che appare distante da quella “Europa dei popoli”, in cui al centro verrebbero trasferiti solo i poteri necessari ad assolvere funzioni che non potevano più essere assolte a livello decentrato. Applicando così concretamente il principio di sussidiarietà alla base del concetto cattolico di federalismo europeo. L’attuale Unione Europea sembra più un luogo di affermazione dei propri interessi statali; sotto questo aspetto mi lascia perplesso il suggerimento di un’alleanza con il partito di Macron, portabandiera di un’Europa francocentrica e, almeno a mio parere, ben poco sussidiaria.

Per quanto riguarda la ripresa della propria identità originaria, Antonio Magliulo cita giustamente i temi etici, dalla vita alla famiglia. Aggiungendo, però, che non bisogna demonizzare il “diverso”, ed è su questo fronte che porta il più deciso attacco all’alleanza, contro la quale richiama il manzoniano “Questo matrimonio non s’ha da fare”. È opportuno qui citare direttamente il testo della lettera. “Mi domando se sia possibile aiutare una donna che ha deciso di abortire gridandole sei un’assassina, se sia possibile dialogare con un ragazzo di sesso maschile che sente un’identità femminile pensando che sia un mostro o con una donna che desidera intraprendere un percorso di fecondazione artificiale ritenendo che sia in ogni caso un reato”.

Mi spiace, ma su questa argomentazione la mia domanda diventa contestazione, perché non si tratta di una questione di bon ton. I drammi personali sottostanti devono essere compresi e, se possibile confortati, ma non si può evitare di esprimere un giudizio sui fatti: aborto, identità sessuale, fecondazione artificiale. Non si può ignorare che l’aborto, un tempo dolorosa esperienza, è ormai proclamato come un “diritto inalienabile” della donna.

Così come la sofferenza di un sesso mal vissuto è diventata la libertà di scegliere se essere maschio, femmina o altro secondo il sentimento o la convenienza del momento. La fecondazione artificiale può essere una soluzione problematica al desiderio di avere figli, ma questo non può trasformarsi nell’affitto dell’utero di un’altra donna. Tanto più se si tratta di coppie omosessuali, dove accanto all’indegno traffico umano si ha anche la aperta negazione di un fatto naturale: che per generare occorrono due sessi diversi.

In tutti questi casi, ciò che risulta evidente è lo sfruttamento del più debole, dal feto abortito, alla madre cui viene tolta la sua creatura, a un figlio che viene acquistato per essere allevato in una famiglia di fatto dimezzata. In tutti questi casi, non si tratta di un’assonanza o dissonanza con impostazioni economiche, sociologiche o politiche: in gioco è la stessa concezione dell’essere umano e una palese contraddizione con ciò che è vero per un cristiano.

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