Serve uno studio comune tra attori della politica fiscale e di quella monetaria, salva l’indipendenza dei secondi, per scopi di coordinamento in caso di emergenze economiche. Il tema ha priorità nell’Eurozona e dovrebbe iniziare a entrare nell’agende del G7.
Durante la scrittura in comune del libro “Sovranità e fiducia” (Sperling, 2005) chi scrive e il Prof. Paolo Savona individuarono una diversità tra “stabilità” e (produzione della) “fiducia”, trovando che la difesa della seconda fosse una priorità tale da interrompere temporaneamente la “stabilità” stessa se necessario. La critica, ai tempi, era rivolta all’idealismo monetario tedesco che considerava la fiducia un derivato della stabilità. Il successivo ricorso al pragmatismo monetario via Quantitative easing da parte delle Banche centrali statunitense e dell’Eurozona, e altre, fu compatibile con questa linea critica. Ma ci fu un eccesso. E per riportare il sistema a stabilità dopo una destabilizzazione di contingenza (nel bilancio delle Banche centrali e del debito pubblico) finalizzata alla difesa della fiducia, la politica monetaria sta rischiando un eccesso opposto.
Inoltre, nella politica monetaria di disinflazione è osservabile un conflitto tra questa e quella fiscale, la seconda con la priorità di evitare impoverimenti. In sintesi, appare necessario un coordinamento tra Governi e Banche centrali – va ripetuto il principio dell’indipendenza delle seconde – per la gestione delle emergenze sia deflazionistiche, sia inflazionistiche: in caso d’emergenza i due attori dovrebbero armonizzare temporaneamente le rispettive politiche e i piani di re-stabilizzazione. Inoltre, va studiata con profondità tecnica la gestione di situazioni di “inflazione da offerta” generate da crisi conflittuali dove la politica monetaria può fare poco o peggiorare lo stress mentre i Governi sono chiamati a fare di più sul piano della geopolitica.
Il prossimo futuro globale è metastabile, cioè caratterizzato da una probabilità significativa – pur non ancora prevalente – di sorprese negative da gestire con operazioni di difesa della fiducia. Chi scrive ritiene che il difensore primario della fiducia economica e finanziaria sia un prestatore di ultima istanza capace di attivare strumenti d’emergenza basati sulla cooperazione d’eccezione (temporanei) tra politica fiscale e monetaria. Il problema appare più grave nell’Eurozona senza un centro di politica fiscale e con situazioni molto differenziate tra Stati. Basterebbe una calibratura entro una “Contingency convergence platform” (Eu-Ccp) o una nuova missione della Bce?
È oggetto di studio, ma bisogna iniziarlo. Poiché il riferimento è necessariamente globale, andrebbe ripreso il tema del coordinamento tra Stati del G7 per la gestione cooperativa delle emergenze. Un prestatore di ultima istanza unico via nuova metamoneta comune, il credit? Forse troppo fantasioso ora. Ma per la presidenza italiana porre il tema nell’agenda futura del G7 è realistico.
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