I NUMERI CHOC DELL’EUTANASIA IN BELGIO
Le legge sull’eutanasia è attiva in Belgio dal 28 maggio 2002: è stato calcolato dalla Commissione federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia che solo tra il 2002 e il 2019 sarebbe state circa 25mila le persone soppresse da iniezione fatale. Non solo, la media negli ultimi anni si è vertiginosamente alzata: come spiega la psicologa Ariane Bazan, docente all’Università della Lorena e alla Libera Università di Bruxelles, a “Il Foglio” «Ogni giorno in Belgio otto persone in media muoiono con l’eutanasia». Sono stati resi noti in questi giorni i risultati dell’ultimo rapporto della Commissione federale belga sull’eutanasia 2022 e davvero la tendenza della “dolce morte” in Belgio sembra sempre più in voga: a spaventare però, come ha dimostrato il recente caso di Shanti De Corte, sono le decisioni di giovani/adulti sani fisicamente ma con ingenti sofferenze psichiatriche o psicologiche.
Per la youtuber sopravvissuta miracolosamente agli attentati terroristici di Bruxelles non c’è stato verso: alla sua richiesta di eutanasia è bastato la doppia approvazione di due psichiatri e il processo della iniezione fatale è stato lanciato: come Shanti anche molti altri stanno seguendo la stessa china facendo sollevare però più di un timore anche nel “secolarizzato” Belgio. «Eutanasia: viaggio nella terra della morte annunciata»: titola così un’inchiesta del quotidiano “Le Point” mostrando i dati del 17% di persone morte d’eutanasia nel 2020-2021 con polipatologie, ma nessuna “fatale”. Come rileva ancora la psicologa Bazan, «La legge è chiara: affinché l’eutanasia sia possibile, la sofferenza deve essere insopportabile e la situazione clinicamente senza speranza».
EUTANASIA ANCHE PER DISTURBI MENTALI: PSICHIATRI PREOCCUPATI, TEMONO GIUDIZIO OPINIONE PUBBLICA
Numeri in crescita e preoccupazioni nell’opinione pubblica dei semplici cittadini che iniziano ad emergere con forza anche nei dibattiti culturali: del resto già nel 2021, come ricorda bene Giulio Meotti oggi sul “Foglio”, il professore di Psicologia clinica all’Università di Gand, Abe Gelhof, in un libro-manifesto sul tema scrisse «La psichiatria esiste ancora se ammette l’eutanasia per sofferenza psicologica?». Il tempo ha “mangiato” le previsioni e si è già nel pieno di quella “rivoluzione” inquietante secondo cui basta avere un disturbo mentale per poter essere “approvato” nella propria richiesta di eutanasia: «Questi casi di demenza però dividono i medici», ammette Corinne Van Oost, medico pioniere dell’eutanasia in Belgio fin dalle origini della legge.
Addirittura il settimanale satirico francese “Charlie Hebdo” si indigna per il fatto che nel vicinissimo Belgio ad essere soppressi sono delle volte «semplici persone con distribuì mentali, anche giovani e sani». Secondo Willem Lemmens, dottore in Filosofia e specialista in etica all’Università di Anversa, un problema non da poco nel dibattito generale sulla tematica dei disturbi mentali “validi” per poter richiedere l’eutanasia, è lo stigma addosso a chi osa porre qualche dubbio sulla vicenda. Così confida al collega del “Foglio”: «Guai a chi osa opporsi al ‘progresso’. Molti psichiatri avrebbero obiezioni da fare ma non osano parlarne. La mancanza di un dibattito aperto sulla stampa è notevole: alcuni ideologi che si credono progressisti plaudono alla legge come ideale etico». E così la “dolce morte” approvata per autistici, depressi, “long-Covid” o addirittura anoressici e bulimici rischia di divenire all’ordine del giorno se non si riesce ad invertire la rotta con l’approfondire di un’emergenza che trascende ben oltre la politica o la scienza.