CEI CONVOCA UN TAVOLO SULL’EUTANASIA: I TEMI TRATTATI

La Conferenza Episcopale Italiana ha convocato un tavolo di lavoro sul tema delicato dell’eutanasia, negli stessi giorni in cui i casi di Indi Gregory – la bimba inglese malata che ha appena ricevuto la cittadinanza italiana in CdM per consentirle il trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma (cosi da non staccarle la spina come invece condanna la Corte Uk) – e Sibilla Barbieri (regista morta con suicidio assistito in Svizzera) hanno riaperto con forza il dibattito del fine vita.



Secondo quanto rivela oggi “La Verità” dalla CEI lo scorso 2 novembre è giunto l’invito – siglato dal sottosegretario dei vescovi italiani, don Gianluca Marchetti – a diversi membri della Conferenza per discutere su «rilevanti questioni di natura etica». L’eutanasia e la necessità di trovare una soluzione in termini legislativi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Dj Fabo-Cappato, sono al centro ormai da anni del dibattito politico ma ancora nulla si è mosso in Parlamento: la posizione ufficiale della CEI, come ribadito di recente anche dal presidente cardinale Matteo Zuppi in un editoriale su “Famiglia Cristiana”, è netta.



IL CASO INDI GREGORY E IL DIRITTO ALLA VITA

Secondo la testimonianza concreta della CEI, scrive l’arcivescovo di Bologna, «la Chiesa è una madre che non sopporta la sofferenza dei figli. Una madre non vuole alcun accanimento, una madre accompagna con amore, togliendo la sofferenza, non la vita». Il tema che dunque verrà discusso con ogni probabilità anche all’interno del tavolo di lavoro convocato periodicamente dai membri CEI per discutere della tematica sul fine vita. La mossa del Governo Meloni di smuovere l’impasse tra Corte Uk e familiari di Indi Gregory ha riattivato il dibattito a livello politico, la Chiesa invece vuole continuare a rappresentare una voce autorevole in difesa del diritto alla vita.



Come hanno sottolineato di recente i vescovi delle 15 diocesi del Triveneto in una nota condivisa con la Pastorale della Salute (in risposta alle istanze della Regione Veneto che hanno dato via libera a diversi casi di suicidio assistito), è «auspicabile che si possa sempre assistere il malato, mai farlo morire. Si rimane molto perplessi di fronte al tentativo in atto da parte di alcuni Consigli regionali di sostituirsi al legislatore nazionale con il rischio di creare una babele normativa e favorire una sorta di esodo verso le Regioni più libertarie». Come ha scritto poi il quotidiano della CEI, “Avvenire”, in merito al caso Barbieri, il vero dramma è la mancanza di una tutela particolare sulle cure palliative: «Ma quale libera scelta può darsi se mancano cure adeguate alla sofferenza estrema universalmente accessibili?», si chiede Francesco Ognibene sul quotidiano dei vescovi italiani. Una testimonianza di vita che prova a tenere conto di tutti gli aspetti della complicata e intima scelta personale, senza però dimenticare quanto spiegano oggi i genitori di Indi Gregory a “Libero Quotidiano”, «Io voglio che la mia bambina viva. Viva per più tempo possibile. Lei è una bambina che vuole vivere. Mi rispondono che ha una malattia che non si può curare. Che al massimo può vivere ancora per qualche anno. Ok. Voglio che viva e sia felice per il tempo che sarà. Per più tempo possibile. Non voglio che sia uccisa dalla decisione di alcuni burocrati. E sono molto grato all’Italia e al governo italiano, che ci hanno offerto l’unica possibilità vera di strapparla alla morte».