Non c’è dubbio sul fatto che il dibattito sul fine vita riesca sempre a mobilitare l’interesse delle persone davanti ad un quesito ineludibile per ognuno di noi: cos’è la morte per me, come vorrei morire, in che condizioni e circostanze. Ben sapendo che questa domanda non avrebbe senso se non avessi provato a rispondere ad un interrogativo ancora più potente: cos’è la vita per me, come sto vivendo e cosa mi aspetto ancora dalla vita. Morte e vita sono due facce di una stessa medaglia, che coincide con l’esistenza di ognuno di noi. E mentre in Toscana la Regione continua a discutere su una proposta di legge di iniziativa popolare, la stessa che l’Associazione Coscioni ha già portato in discussione in altre regioni senza riuscire mai a farla approvare, è interessante cercare di capire cosa accade a livello europeo, per esempio in Francia e in Gran Bretagna.
François Bayrou, primo ministro francese, ha annunciato che martedì prossimo presenterà una legge fatta di due parti ben distinte. Una legalizzerebbe la morte assistita per i pazienti con diagnosi terminali a breve o medio termine, l’altra potenzierebbe la rete delle cure palliative. Attualmente la morte assistita e l’eutanasia sono vietate in Francia e incontrano l’opposizione di una larga parte della opinione pubblica; ma puntando sulla riforma delle cure palliative, desiderata sia dal personale medico-sanitario sia da molte associazioni di pazienti, Bayrou spera di far approvare la legge.
In altri termini le cure palliative, rispetto a questa impostazione, sarebbero una sorta di cavallo di Troia per introdurre in Francia l’eutanasia, con un evidente manipolazione dell’opinione pubblica, alla quale si offre, insieme ad un bene certo come sono le cure palliative, un danno altrettanto certo qual è l’eutanasia.
Per Bayrou, ma anche per Yaël Braun-Pivet, presidente dell’Assemblea Nazionale, entrambi stretti alleati di Macron, si tratterebbe di una operazione tutta politica per ottenere, attraverso l’approvazione della legge, un maggior consenso generale. Per questo la legge dovrebbe contenere “nello stesso arco di tempo” due aspetti, di per sé contraddittori, ma tali da consentire un maggior consenso da parte degli uni e degli altri alla linea di governo nel suo complesso. Per Olivier Falorni, parlamentare dello stesso gruppo di Bayrou, relatore del progetto, la strategia dovrebbe essere quella di far apparire le cure palliative e la morte assistita come “pilastri complementari”, le prime come “risposta primaria” e la seconda come “ultimo ricorso”. In altri termini per ottenere più cure palliative occorrerebbe dare un via libera all’ingresso dell’eutanasia nel Paese. La questione non è però così semplice e divide profondamente la società francese: per i suoi sostenitori l’eutanasia è una libertà fondamentale da difendere, mentre per gli oppositori – in particolare gli elettori conservatori e i rappresentanti religiosi – si tratta di un “pendio scivoloso”, eticamente pericoloso.
Una legge simile, che consentiva di legalizzare la morte assistita in Inghilterra e Galles, è passata nel Parlamento britannico a novembre, accolta con notevoli perplessità da parte dell’opinione pubblica. L’approvazione ha segnato la prima, concreta apertura all’eutanasia dopo anni di tentativi falliti. Ma a distanza di alcuni mesi appare evidente come la partita sia ancora lungi dall’essere vinta.
Questa volta l’opposizione viene dalla classe medica, che non intende rinunciare al proprio diritto all’obiezione di coscienza. Non è in gioco solo la volontà del paziente, ma anche la volontà e la libertà del medico, che non accetta di essere ridotto a mero esecutore materiale di decisioni prese da altri. Curare il paziente, potenziando la rete delle cure palliative mano a mano che il paziente ne ha bisogno, risponde assai di più alla visione che il medico ha della vita e della morte. Davanti al diritto di scegliere, il medico ribadisce anche il suo diritto a scegliere da che parte stare e lo fa riferendosi alla sua coscienza, a quell’etica medica che da sempre ha accompagnato lo sviluppo della professione. Ciò che lo guida è il favor vitae e non il favor mortis, come ha ribadito Andrew Green, capo del comitato etico della British Medical Association, principale organo di rappresentanza dei medici britannici.
E così, mentre in Toscana e in altre regioni italiane si dibatte sulla legge: “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale”, in Gran Bretagna e in Francia appare sempre più chiaramente il carattere strumentale di una legge, che, se pur approvata da una parte del Parlamento, trova nella classe medica la sua opposizione più stringente, alla luce di quello stesso principio identitario di chi si è impegnato nella tutela della vita e non rincorre un consenso effimero e superficiale.
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