EUTANASIA, È MORTO “MARIO”: VERO NOME ERA FEDERICO CARBONI

Pochi giorni dopo Fabio Ridolfi, è morto nelle Marche anche “Mario”, lui sì il primo caso di suicidio assistito in Italia (per Fabio fu infatti la sedazione profonda la scelta finale): il suo vero nome, si scopre adesso per l’annuncio dell’Associazione Luca Coscioni, era Federico Carboni.



44 anni, tetraplegico da 12 anni per un incidente tragico in strada: “Mario” – nome di fantasia scelto mesi fa dall’associazione Coscioni per informare l’Italia della battaglia per l’eutanasia del suo assistito – è di fatto la prima persona in Italia che ha ottenuto di poter esercitare legalmente il suicidio medicalmente assistito, come frutto della sentenza della Corte Costituzionale sul caso Dj Fabo-Cappato. Dopo l’ok del comitato etico e dei medici, Carboni ha ricevuto la strumentazione e il farmaco per la somministrazione fatale dalla stessa Associazione Coscioni «straordinaria mobilitazione che ha raccolto in poche ore 5mila euro per aiutare Mario». L’accelerata è giunta dopo le dichiarazioni a “La Stampa” del Ministro della Salute Roberto Speranza che ha considerato “ingiusto” che ‘Mario’ abbia dovuto sborsare 5mila euro per ottenere il farmaco del suicidio assistito. «Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così, ora finalmente sono libero di volare dove voglio», ha dichiarato “Mario” prima della morte sopraggiunta dopo somministrazione del farmaco letale.



LA DENUNCIA DELL’ASSOCIAZIONE COSCIONI: “SERVE LA LEGGE SUL SUICIDIO ASSISTITO”

«In assenza di una legge, lo Stato italiano non si è fatto carico dei costi dell’assistenza al suicidio assistito e dell’erogazione del farmaco», è la denuncia, consueta, posta dalla Associazione Luca Coscioni di cui Marco Cappato è tesoriere e Filomena Gallo segretaria nazionale.

Federico Carboni, in arte “Mario”, è morto giovedì 16 giugno alle ore 11,05 a Senigallia: queste le sue ultime parole, consegnate ai collaboratori dell’Associazione, compreso il dottor Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Federico Carboni durante il procedimento giudiziario. «Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balia degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future, quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò. Con l’Associazione Luca Coscioni ci siamo difesi attaccando e abbiamo attaccato difendendoci, abbiamo fatto giurisprudenza e un pezzetto di storia nel nostro Paese e sono orgoglioso e onorato di essere stato al vostro fianco», sottolinea “Mario” prima di morire. A livello “tecnico”, la morte di Federico è avvenuta tramite somministrazione con medico privato: come sottolinea infatti “Avvenire”, «la mancanza di una legge che traduca con precisione di principi e di procedure quel verdetto impedisce di praticare qualunque suicidio assistito con gli strumenti e il personale del Servizio sanitario». Per questo motivo il dottor Riccio ha assistito “Mario” mentre si inoculava il farmaco letale, senza l’intervento del SSN: un caso intricato che apre innumerevoli questioni e polemiche. Il tutto davanti al dramma, infinito, di un morte per suicidio.