Sono state depositate oggi dalla Consulta, a quasi due mesi dalla storica sentenza sul fine vita, le motivazioni dei giudici. Secondo quanto scritto esiste una “circoscritta area” in cui l’incriminazione dell’aiuto al suicidio “non è conforme alla Costituzione”. I casi in questione, come riferisce RaiNews, fanno riferimento alle situazioni in cui “l’aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Stando a quanto sottolineato dalla Corte Costituzione nel verdetto, l’incriminazione dell’aiuto al suicidio “non è di per sé, in contrasto con la Costituzione ma e’ giustificata da esigenze di tutela del diritto alla vita, specie delle persone più deboli e vulnerabili” e che per questo l’ordinamento intende proteggere evitando così interferenze esterne in una scelta delicata come quella del suicidio.



MOTIVAZIONI SENTENZA SU FINE VITA DEPOSITATE DALLA CONSULTA

Nella medesima sentenza sul fine vita, si legge ancora che mentre in base alla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento il paziente può decidere di lasciarsi morire anche chiedendo l’interruzione dei trattamenti che lo tengono in vita e la sottoposizione a sedazione profonda fino alla morte – decisioni che il medico deve rispettare – la legge non permette al medico di mettere a disposizione del paziente trattamenti che inducono al decesso. Questo significa che lo stesso paziente sarà sottoposto ad un processo lento e doloroso che lo porterà alla sua decisione di mettere fine alla sua vita. Come spiega la Consulta, questo “finisce per limitare irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta dei trattamenti, compresi quelli finalizzati a liberarlo dalle sofferenze, garantita dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione”.  Inoltre, la pronuncia con cui la Consulta ha escluso in determinati casi la punibilità in tema di eutanasia non crea “alcun obbligo di procedere a tale aiuto in campo ai medici”. A specificarlo è la medesima corte nelle motivazioni appena depositate nelle quali si legge che “resta affidato alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi o no ad esaudire la richiesta del malato”.

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