EUTANASIA, NUOVO “GIRO” IN CONSULTA DOPO DJ FABO: IL CASO DI FIRENZE

E così dopo 5 anni dalla storica sentenza della Corte Costituzionale sul caso Dj Fabo-Marco Cappato, il tema del suicidio assistito tornerà davanti ai giudici della Consulta per dirimere un “nuovo” punto all’ordine del giorno che segue però direttamente dal dibattito sull’eutanasia legale. Fallito il “blitz” con i referendum nel 2022, in parte persa la prima battaglia sul fine vita “modificato” a livello regionale (in Veneto), l’Associazione Luca Coscioni e le tante sigle pro-choice esultano per quanto avvenuto negli scorsi giorni a Firenze. Il gip Agnese De Girolamo ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale in relazione alla depenalizzazione del suicidio assistito, stabilita dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Dj Fabo.



Se la Consulta dovesse dar via libera e accogliere tale ricorso, verrebbe consentito di fatto il suicidio assistito – che nel frattempo in questi anni è stato sdoganato con alcuni primi casi in ordine sparso tra Marche, Veneto e Friuli – anche per chi non è tenuto in vita artificialmente, ovvero uno dei 4 requisiti stabiliti dalla stessa Corte Costituzionale per il suicidio assistito. L’indagine della Procura di Firenze riguarda i fatti del 2022, quando Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli aiutarono Massimiliano – malato di sclerosi multipla – ad andare in Svizzera per morire in una clinica della “dolce morte”. Come spiega l’Ass. Coscioni, ad essere messo in discussione questa volta è l’articolo 580 del codice penale dove richiede che «la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell’essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale», per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione.



COME SI È ARRIVATI NUOVAMENTE ALLA CONSULTA: LE RICHIESTE DELL’ASS. COSCIONI

Lo scorso ottobre 2023 la Procura di Firenze aveva chiesto l’archiviazione dell’accusa contro Cappato & Co. in quanto, l’aiuto fornito sul fronte suicidio assistito, «non era stato penalmente rilevante» non ritenendo invece che il caso rientrasse nelle condizioni stringenti previste dalla Consulta. A quel punto la Procura ha chiesto che fosse sollevata la questione di costituzionalità davanti alla Consulta per il requisito del sostegno vitale per violazione degli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione: «Discrimina irragionevolmente tra situazioni per il resto identiche», scrive la giudice fiorentina, «discende da circostanze del tutto accidentali, senza che tale differenza rifletta un bisogno di protezione più accentuato».



L’udienza si è poi definitivamente “chiusa” il 17 gennaio scorso quando la gip Agnese De Girolamo ha emesso la sua ordinanza, rimandando il tutto alla Corte Costituzionale. Secondo l’Associazione di cui Cappato è il tesoriere ufficiale, la gip ha respinto la richiesta di archiviazione «perchè sussistono tutti gli elementi costitutivi del titolo di reato», ma al contempo, «è dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, rimettendola alla Consulta». La decisione ora sarà attesa nei prossimi mesi e potrebbe aggiungere ulteriori specifiche ad una “legge” già varata dalla Corte Costituzionale, in attesa che il parlamento possa legiferare come da più parti ormai viene richiesto da tempo.

FINE VITA, PROSEGUE L’ITER DELL’ASSOCIAZIONE COSCIONI DOPO IL “FLOP” DEL VENETO

Prosegue parallelamente il percorso della proposta di legge su iniziativa popolare dell’Associazione Coscioni presso i singoli Consigli Regionali sparsi per il Paese: dopo il mezzo flop del Veneto, dove il testo di legge chiedeva rendere più “stringenti” le tempistiche fra la richiesta di suicidio assistito e la risposta della sanità regionale, ora sono altre 10 le Regioni che hanno accettato di portare in Aula la proposta. Si tratta di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, con proposte analoghe anche per Basilicata, Lazio, Sardegna, Puglia, Marche e Calabria.

Infine non si ferma in parallelo la sfida della Chiesa che sul tema Fine vita e del suicidio assistito continua a testimoniare l’esigenza di maggiori cure palliative piuttosto che l’eutanasia di Stato: «questa mentalità continua a essere proposta come se fosse una cosa buona, come se fosse un diritto e non è né l’una né l’altra cosa. Non è una cosa buona la morte, non è un diritto disporre della propria vita, perché né noi stessi né gli altri possiamo essere padroni della nostra vita», ha detto in un video pubblicato sul sito della Diocesi il vescovo di Ventimiglia e Sanremo, Antonio Suetta, commentando l’itero di approvazione delle norme sul suicidio medicalmente assistito che si è verificato nei giorni scorsi nella regione Veneto. «È un modo, anche abbastanza subdolo, di tentare di allargare sempre di più una strada», si dice convinto il prelato che guarda con timore il contesto generale sul Fine vita, dalle famose DAT già approvate dal Parlamento fino alla stessa sentenza della Corte Costituzionale che introdusse una possibilità di suicidio medicalmente assistito. Secondo mons. Suetta, «nessuno legittimamente può disporre della propria vita o della vita altrui. E la società giusta non è quella che consente a ciascuno di fare quello che vuole, ma è la società che riconosce il bene comune, lo propone e lo tutela per tutti»,