La Corte Costituzionale ha aperto oggi al suicidio assistito ritenendo non sempre punibile (a determinate condizioni) chi agevola l’esecuzione del proprio suicidio. Dopo essersi riunita in camera di consiglio per esaminare il caso di Dj Fabo e Marco Cappato la Corte Costituzionale ha aperto a tale ipotesi. L’ufficio stampa ha fatto sapere in una nota diffusa dopo l’udienza di ieri e resa nota da LaPresse che in attesa che la sentenza possa essere depositata, “la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Ovviamente dopo la sentenza della Consulta, Marco Cappato ha esultato: “Chi è nella condizioni di Fabo ha diritto a essere aiutato. Da oggi siamo tutti più liberi, anche chi non è d’accordo. È una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall’altra parte”, ha scritto su Twitter. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
MANTERO “EUTANASIA PIÙ CORRETTA, NUOVA PROPOSTA”
Si dovrà attendere la giornata di domani per conoscere la sentenza della Corte Costituzionale in merito alla punibilità dell’aiuto al suicidio relativo al caso Cappato-Dj Fabo. Nell’attesa, come riferisce Repubblica.it, Matteo Mantero, senatore del M5S e già depositario un anno fa di un disegno di legge sull’eutanasia, ha presentato in Senato un’altra proposta sulla “tutela della dignità nel fine vita”. In merito ha commentato: “Ci assumiamo le nostre responsabilità. In un anno il Parlamento non è riuscito a rispondere alla sollecitazioni della Corte costituzionale sul fine vita. Abbiamo fallito ma, dopo la sentenza della Consulta, ci saranno le condizioni per lavorare”. Intervistato dal quotidiano Repubblica ha detto la sua su eutanasia e suicidio assistito: “Sul suicidio assistito è più facile trovare l’intesa in Parlamento, perché la volontà del malato di avere questo tipo di trattamento è chiara con l’autosomministrazione del farmaco. Io personalmente ritengo più corretta l’eutanasia, con il trattamento somministrato dal medico, anche per evitare discriminazioni: non tutte le persone sono in grado di procedere da sole al trattamento e poi io ritengo sia eticamente sbagliato costringere una persona a somministrarsi da sola un trattamento letale”, ha commentato. Per questo nel disegno di legge presentato oggi ci saranno entrambe le ipotesi. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
4MILA MEDICI PRONTI AD OBIEZIONE COSCIENZA
Arriverà domani la sentenza della Corte Costituzionale in merito alla legalità o meno dell’eutanasia, il suicidio medicalmente assistito, riguardante in particolare il caso dell’imputato Marco Cappato e del povero Dj Fabo. Intanto l’Amci, l’associazione dei medici cattolici italiani, si è già espressa in blocco, sottolineando come la stessa sia pronta all’obiezione di coscienza qualora la Corte si esprimesse in favore del fine vita assistito, o concedesse dell’altro tempo al Parlamento per una legge. “E non si tratta solo di un orientamento religioso che vieta di perseguire una simile pratica – le parole all’agenzia AdnKronos del vicepresidente Amci Giuseppe Battimelli – ma di un fatto deontologico che riguarda tutti i medici, come affermato più volte dalla Federazione degli Ordini Fnomceo che ha ribadito la sua contrarietà”. Battimelli sottolinea come il codice deontologico non preveda “di favorire in qualsiasi caso la richiesta di morte del paziente, e questo non vuol dire che i malati gravi non debbano essere accompagnati nel fine vita attraverso le cure palliative e tutte le possibilità scientifiche, professionali e umane in nostro possesso. Si dà la giusta dignità senza nessun accanimento terapeutico”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SUICIDIO ASSISTITO, DOMANI LA SENTENZA
La sentenza della Consulta sul suicidio assistito è stata rinviata. Forse conosceremo domani la posizione della Corte Costituzionale, che già l’anno scorso aveva dichiarato incostituzionale l’articolo del codice penale che punisce l’aiuto al suicidio. Filomena Gallo, che difende Marco Cappato sul caso di Dj Fabo, era in aula a difendere il diritto di scelta e quindi la libertà sul fine vita. Lei, in attesa della sentenza, spiega i possibili scenari che si aprono ora. A Repubblica ha spiegato che è difficile un rinvio al Parlamento: non sembrano propensi i giudici, poco inclini a concedere altro tempo alla politica che in un anno non ha trovato un accordo sul tema. Inoltre, ritiene improbabile una conferma del reato come costituzionale viste le sentenze pregresse. E quindi si aspetta, e spera, che «la Corte Costituzionale chiarisca che l’aiuto al suicidio non è reato quando e deciso da persona capace di autodeterminarsi e affetta da patologia irreversibile». Ma poi toccherà comunque alla politica legiferare in accordo con gli indirizzi dei giudici che si basano sulla carta costituzionale. (agg. di Silvana Palazzo)
EUTANASIA, OGGI SENTENZA CONSULTA SU SUICIDIO ASSISTITO
Udienza alla Consulta per decidere sulla punibilità dell’istigazione o aiuto al suicidio. Sono reati per i quali Marco Cappato e Mina Welby sono accusati in relazione ai casi di Fabiano Antoniani, noto anche come Dj Fabo, e Davide Trentini, che hanno accompagnato in Svizzera per ottenere il suicidio assistito. Il Parlamento, a cui la Consulta poco meno di un anno fa aveva attribuito la responsabilità di approvare una norma sul fine vita, si è invece defilato. Non c’è neppure un testo base e così manca poco alla decisione sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale. «Auspico che la Corte saprà coniugare la necessità di risolvere un caso così doloroso con la necessità di non elidere del tutto la possibilità di una disciplina generale in materia: bisogna conciliare diverse situazioni e quindi superare qualsiasi disciplina meramente casistica». Così ha parlato l’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri. La Corte costituzionale potrebbe pronunciarsi già oggi, come riportato dal Fatto Quotidiano.
FINE VITA, LE CONCLUSIONI DI GABRIELLA PALMIERI
La Cei chiede un rinvio della pronuncia dei giudici temendo che si vada incontro alla legalizzazione del suicidio assistito. Ma la Consulta di Bioetica invita i giudici a non cedere alle sollecitazioni arrivate dal mondo della politica a rinviare la decisione e concedere altro tempo al Parlamento. «È importante che ci sia una decisione. Oggi non si parla di Fabiano o di me soltanto, ma di tante persone che soffrono. Al centro c’è la libertà di tutti i cittadini», dice oggi Marco Cappato, come riportato dal Fatto Quotidiano. Tra gli aspetti evidenziati da Gabriella Palmieri ci sono l’obiezione di coscienza, il controllo e la possibilità di revocare il consenso. Le sue conclusioni davanti ai giudici non sono cambiate rispetto a quelle dello scorso ottobre, cioè dichiarare «inammissibili» o «infondate» le questioni di legittimità che riguardano l’articolo 580 del codice penale. In udienza è intervenuta anche l’avvocato Filomena Gallo, difensore di Marco Cappato. «È giunto il momento di una dichiarazione di incostituzionalità, perché la normativa attuale è un vulnus costituzionale, e perché la dichiarazione di incostituzionalità è l’unica coerente con il rinvio stabilito dalla Corte con l’ordinanza dello scorso ottobre».
SUICIDIO ASSISTITO, TRE IPOTESI SULLA DECISIONE
Se non ci sarà rinvio, ci sono tre strade davanti alla Corte. Lo ha spiegato il presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick. Potrebbe dichiarare inammissibile la questione, «ma sarebbe strano che dopo essere andata avanti sino alla metà del fiume si fermi a questo punto». Potrebbe rigettare o accogliere parzialmente la questione. In quest’ultimo caso potrebbe ritenere incostituzionale «una norma che punisce l’aiuto al suicidio, senza tener conto della situazione di chi è in sofferenza insostenibile». In caso di rigetto, invece, la Corte potrebbe affermare che la norma resta in vigore, ma «a condizione che venga interpretata nei termini che hanno ispirato la legge 219 sulle disposizioni del fine vita». Ma anche sui tempi della decisione non ci sono certezze. I giudici si riuniscono in camera di consiglio solo al termine dell’udienza pubblica.