I malati Covid terminali possono accedere all’eutanasia? A chiederselo #DefendNZ, movimento pro vita neozelandese che sta sollevando un caso dopo aver ricevuto una risposta dal Ministero della Salute alla sua richiesta di chiarimenti. A novembre avevano posto alcune domande sulla pratica dell’eutanasia e del suicidio assistito in Nuova Zelanda. Nella richiesta dell’officiai Information Act (OIA) è stata posta anche questa domanda al Ministero della Salute neozelandese (MOH): «Un paziente gravemente ospedalizzato con Covid-19 potrebbe essere potenzialmente idoneo al suicidio assistito o all’eutanasia secondo la legge se un operatore sanitario considerasse la sua prognosi inferiore a 6 mesi?». Il timore di questo movimento è che l’eutanasia venga usata come strumento per risolvere una eventuale crisi sanitaria.



Uno scenario piuttosto apocalittico, non per il portavoce Henoch Kloosterboer: «Potrebbe un paziente con COVID-19 trovare la sua strada nei criteri di ammissibilità? E, se così fosse, quali gravi rischi comporterebbe per i già spesso vulnerabili membri anziani delle nostre comunità?». La risposta è arrivata il 7 dicembre 2021.



“EUTANASIA E COVID? IN ALCUNE CIRCOSTANZE…”

«Ci sono chiari criteri di ammissibilità per la morte assistita. Questi includono che una persona deve avere una malattia terminale che probabilmente porrà fine alla sua vita entro sei mesi», la premessa del Ministero della Salute neozelandese. Inoltre, ha dato una definizione della malattia terminale: «È più spesso una malattia prolungata in cui il trattamento non è efficace. La legge EOLC afferma che l’ammissibilità è determinata dal medico curante (AMP) e dal medico indipendente». Ciò solleva le preoccupazioni dei movimenti pro vita. L’interpretazione è ritenuta vaga: «In primo luogo, non c’è nulla di concreto nella frase “più spesso”, infatti, la sua inclusione in questo specifico contesto sembra chiaramente suggerire che il MOH considera la definizione di malattia terminale soggettiva e aperta all’interpretazione», scrive #DefendNZ. Inoltre, fanno notare che il Ministero della Salute neozelandese «considera il medico curante (AMP) e il medico indipendente come autorizzati dall’EOLCA a prendere la decisione su cosa si qualifichi o meno come malattia terminale».



da #DefendNZ

DUBBI DEI PRO VITA DOPO REPLICA DEL MINISTERO

Anche per questo c’è il timore, espresso chiaramente da Henoch Kloosterboer, «che la COVID-19 potrebbe essere classificata come “malattia terminale” a seconda della prognosi del paziente e dei giudizi soggettivi dell’AMP e del medico indipendente». Ma il Ministero della Salute neozelandese non si è espresso definitivamente sul tema. «L’idoneità è determinata caso per caso; perciò il Ministero non può fare dichiarazioni definitive su chi è idoneo. In alcune circostanze una persona con COVID-19 può essere idonea alla morte assistita». In alcune circostanze, dunque. Non viene specificato quali siano. Senza dubbio una maggiore chiarezza sulla legge in merito al fine vita sarebbe utile anche per non lasciare spazio a speculazioni. Infatti, il deputato nazionale Simon O’Connor ritiene che «la legge sia mal redatta», mentre #DefendNZ ha anche lanciato una petizione che chiede modifiche urgenti alla legge, tra cui l’obbligo di un rapporto dettagliato e l’obbligo di testimoni indipendenti. Infine, chiedono al Ministero della Salute neozelandesi di intraprendere azioni urgenti per assicurare che l’End of Life Choice Act non possa essere usato per fornire suicidio assistito o eutanasia ai pazienti Covid in Nuova Zelanda.