Caro direttore,
nella mia città, Cava de’ Tirreni, vive una donna straordinaria. Si chiama Apollonia D’Arienzo, ma gli amici la chiamano Lola o Lolita, con un nomignolo che fa venire alla mente l’investigatrice televisiva della questura di Bari, Lolita Lobosco, o l’amante bambina del romanzo di Nabokov.
Apollonia ha molto di Apollo: è noto che il Dio greco volle che le Muse abbandonassero la loro sede sul monte Elicona per trasferirsi a Delfi, ne domasse la furia selvaggia e insegnasse loro a danzare con armonia. Così Apollonia, fin da bambina, ha amato la danza, facendone la sua ragione di vita e la sua professione, di ballerina classica e poi di insegnante.
Quale dolore avrà provato la ballerina, quando ha appreso di essere affetta da SLA? E quanto dolore allorché la malattia, inesorabile, l’ha costretta prima sulla sedia a rotelle e poi su un letto, mantenuta in vita da un ventilatore e alimentata con una sacca?
Ma Lola da 27 anni è ancora lì, su quel letto. Non ha mollato.
Anzi: ha scritto cinque libri, ha curato otto rappresentazioni teatrali, ha rilasciato interviste radiotelevisive e articoli giornalistici, ha fondato un’associazione di volontariato: “Amici di Lola”.
Non può danzare, non camminare, non può parlare o mangiare con la sua bocca. Ma le restano gli occhi, colore del mare, e quelle ciglia che utilizza per comunicare con la sua famiglia e i suoi amici più stretti. “Vocali o consonanti?” Due battiti di ciglia: vuol dire consonanti. “B, C, D…” un battito di ciglia: D. E ancora: “vocali o consonanti?” Un battito di ciglia: vuol dire vocali. “A, E, I…”. Un battito di ciglia: I. “Di…ci”? Anticipa il pensiero chi legge dai suoi occhi? Un battito di ciglia: vuol dire sì! E così ti arriva una telefonata da parte di Lola, che ti vuole “dire” di andarla a trovare o di andare a cena da lei. Sì, a cena. Perché Lola si alimenta con la sacca, ma battendo le sue ciglia inventa piatti nuovi e i suoi ospiti li mangiano insieme nella stanza accanto alla sua. E lei è felice, perché ancora una volta è riuscita a creare bellezza e armonia intorno a sé.
Questa è Lola: un fascio di sentimenti spalancato sul mondo, che insegna a tanti di noi, che possiamo camminare, mangiare, parlare… cosa vuol dire veramente vivere!
Leggo sul giornale di lunedì 5 agosto che Lola vuol buttare la spugna. Negli ultimi quattro mesi non è stato corrisposto l’assegno di cura, che già è insufficiente a pagare l’assistenza qualificata di cui ha bisogno giorno e notte.
Immagino quanto debba pesare a quel cuore generoso il dover costringere i suoi familiari e i suoi amici ad assisterla personalmente, non avendo altre risorse per pagare l’assistenza. “Motivi burocratici… Ritardi nell’accreditamento del finanziamento statale alla regione” ci si giustifica dal Comune. Certo, sarà così.
Intanto Lola chiede di morire.
Un nota bene. Mentre si discetta sulle diverse espressioni per indicare i problemi che emergono nella fase finale della vita, pensando che chiarire il vocabolario serva ad intendersi su quello che intendiamo davvero in merito a eutanasia, suicidio assistito eccetera, una testimonianza di questo genere serve a mettere a fuoco quello che davvero serve per vivere (e non solo per finire di vivere). E quello che non viene fatto o che viene fatto in modo insufficiente, così da creare disperazione dove c’è speranza ed energia di vita. Davanti a questo scempio dell’umana solidarietà in uno Stato che si professa “sociale” è bene che si corra presto ai ripari. Ne va della vita e della morte, e tutti ne siamo responsabili. (Lorenza Violini)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI