L’AFFONDO DI EVA KAILI CONTRO I SERVIZI SEGRETI DEL BELGIO

Quasi due mesi dopo la scarcerazione parla Eva Kaili, l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo accusata nell’inchiesta Qatargate di corruzione, associazione a delinquere e riciclaggio: racconta al “Corriere della Sera” appena prima che il giudice titolare dell’inchiesta sul giro di corruzioni Ue Michel Claise le vietasse di rilasciare dichiarazioni alla stampa.



«Dopo tutti questi mesi non è venuto fuori nulla di nuovo. Il Parlamento ha protezioni che nessun lobbista può abbattere», attacca Kaili sottolineando come di inquietante vi è che «dal fascicolo giudiziario i miei avvocati hanno scoperto che i servizi segreti belgi avrebbero messo sotto osservazione le attività dei membri della commissione speciale Pegasus (la quale Indaga sulle intercettazioni di leader europei fatte illegalmente dal Marocco, ndr)». Proprio il fatto che i membri eletti del Parlamento «siano spiati dai servizi segreti dovrebbe sollevare maggiori preoccupazioni sullo stato di salute della nostra democrazia europea. Penso sia questo il vero scandalo», accusa Eva Kaili.



KAILI VS QATARGATE: “CONFESSIONI PANZERI FORSE OTTENUTE CON MINACCE”

Il giro legato ai politici del campo socialista Ue – da Kaili al compagno Francesco Giorgi, da Panzeri a Tarabella e fino a Cozzolino – è accusato dall’inchiesta Qatargate di un ipotetico sistema di corruzione al parlamento europeo legato a Qatar e Marocco. Le confessioni e il ruolo di “pentito” scelto da Antonio Panzeri hanno confermato gran parte di queste accuse ma secondo Eva Kaili alla base ci sarebbero state delle pressioni, anche vere e proprie minacce, per “costringerlo” a dare informazioni non sempre veritiere.



«Se avessi fatto nomi importanti sarei tornata da mia figlia, ma avrei dovuto mentire», racconta ancora la politica greca scarcerata dai domiciliari lo scorso 12 aprile. «Quando Francesco è stato arrestato e gli hanno sequestrato l’auto, ho pensato ad un incidente stradale. Poi mi hanno mandato la notizia che anche Panzeri era stato arrestato. Sono andata in panico. Sapevo che nel suo ufficio che è nella stanza di sopra, dove non vado mai, c’era una valigia di Panzeri e ho trovato un sacco di soldi. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, ma volevo allontanare da casa quel denaro per ridarlo a Panzeri, colui che credevo ne fosse il proprietario», si difende così Eva Kaili in merito alla famosa valigia con i 700mila euro in contati trovati in mano al padre. L’ex vicepresidente dell’Europarlamento racconta di sapere che Panzeri riceveva «donazioni» ma aggiunge che le «commissioni parlamentari di cui faccio parte e il mio lavoro legislativo non hanno alcuna relazione con le sue attività». Nei confronti di Panzeri, il compagno Francesco aveva «un senso di gratitudine e di obbligo morale molto profondo nei suoi confronti», in quanto lo aveva assunto quando ancora era uno studente di 20 anni,. Sulle confessioni di Panzeri però Kaili nutre forti dubbi: «Penso che il pentimento e le confessioni di Panzeri siano state ottenute sotto minaccia. Il messaggio era chiaro: se fai i nomi, ti offriamo un accordo e liberiamo tua moglie e tua figlia dalla prigione. Sono metodi non degni di uno stato di diritto. Hanno fatto lo stesso con me. Dichiarandomi colpevole o facendo nomi importanti sarei tornata subito da mia figlia, ma dato che avrei dovuto mentire, non ho mai nemmeno pensato che potesse essere un’opzione».