L’INCHIESTA QATARGATE E QUELLO CHE NE RIMANE: PARLA EVA KAILI, “VERRÒ A VIVERE IN ITALIA”

Ancora ad oggi dell’inchiesta Qatargate non è dato sapere come, quando e in che modo potrà evolversi se a processo o con una maxi archiviazione: la giustizia belga resta impantanata e intanto i protagonisti imputati – da Eva Kaili ad Antonio Panzeri, da ,Andrea Cozzolino, Marc Tarabella e Maria Arena – non si sono ricandidati per le prossime Europee. Avrebbero potuto per legge ma hanno scelto diversamente: in una lunga intervista al “Corriere della Sera” è l’ex vicepresidente del Parlamento Ue, la greca socialista Eva Kaili, a raccontare dell’incubo “giustizialista” che ha vissuto negli ultimi due anni.



Dopo l’arresto per la vicenda delle mazzette tra Qatar e Parlamento Ue, Kaili lamenta l’iter procedurale della giustizia europea e il senso di “limbo” ancora oggi a due anni quasi dall’inizio delle indagini: «Sperando in un vantaggio politico, la presidente Roberta Metsola e il mio partito S&D invece di difendere le istituzioni hanno cercato, prima delle elezioni, di nascondere la loro incapacità di rispettare i principi dell’Unione e di salvaguardare le libertà e le prerogative dei deputati». Insomma, tanto i vertici Ue quanto il partito socialista europeo, non avrebbe minimamente difeso e accolto le istanze della difesa secondo Eva Kaili, la quale poi contesta il “precedente” pericoloso che la giustizia avrebbe generato interferendo con la politica e minando l’integrità delle istituzioni europee.



KAILI: “L’UNICA COLLEGA VICINA È STATA BERGAMINI DI FORZA ITALIA, LE SONO GRATA”

Dal Qatargate al blitz di Bruxelles contro un convegno della desta Ue legalmente autorizzato in un primo momento, la giustizia secondo Eva Kaili è in pericoloso nelle zone dove la democrazia europea dovrebbe avere il proprio fulcro: «il governo belga, ritenendosi guardiano non si sa di cosa, si è sentito in diritto di interrompere a Bruxelles un evento organizzato dai conservatori e riformisti europei». La politica greca sottolinea poi della speranza che l’opinione pubblica potesse vedere la verità sul Qatargate prima del voto di giugno, mentre invece «il divieto di parlare di questo caso mi rende impossibile anche solo essere candidata».



Lamenta poi l’ex vicepresidente dell’Europarlamento sempre nel colloquio con il “Corriere” che il suo futuro politico di fatto è concluso: si adopererà nel settore della politica tecnologica e annuncia l’impegno a favore di donne e bambini vittime dei fallimenti del sistema giudiziario europeo. Il tutto probabilmente trasferendosi in Italia: «un Paese che considero casa per diversi motivi (il fidanzato Francesco Giorgi, anche lui coinvolto nell’inchiesta Qatargate direttamente dal suo ex datore di lavoro Antonio Panzieri, ndr) e perchè in Italia esiste una bella parola come “garantismo” che dovrebbe essere tradotta in tutta Europa».

Kali considera una conquista sociale che esistano partiti in Italia che fanno della lotta contro il giustizialismo una battaglia seria, che si oppongono ai processi a sfondo politico e tengano al «rispetto della presunzione di innocenza indipendente dal partito della persona accusata». Non parla evidentemente del suo partito, il PSE (di cui fa parte il Pd) di cui invece ha avuto parole molto caustiche in questi mesi vista il sostanzialmente abbandono totale di tutto il gruppo nei suoi confronti dopo le indagini e l’arresto: «Sarà sempre grata all’onorevole Deborah Bergamini di Forza Italia, l’unico politico di un partito diverso dal mio che ha messo in discussione questi metodi ed è venuta a trovarmi nei miei tempi più bui». Da ultimo Eva Kaili ringrazia anche Riccardo Nouri, portavoce di Amnesty International Italia, per aver paragonato il Belgio alla Bielorussia nei metodi usati durante la sua detenzione: la politica greca infatti ha avviato da tempo, oltre che una causa contro il Parlamento Ue, anche una procedura verso l’ONU per la violazione della convezione sui diritti dei bambini in quanto «le autorità belghe mi hanno separato con la forza da mia figlia di 2 anni, una cosa che non auguro a nessuna madre».