Eva Mikula era la donna di Fabio Savi, uno dei killer della banda della Uno Bianca: era perché quella donna venuta dall’Est ha trovato la forza di denunciare i delitti atroci commessi dal suo uomo e dagli altri membri. Lo racconta lei stessa sulle colonne de “Il Messaggero” in edicola oggi, domenica 8 agosto 2021: “Ho subìto sette processi, dai quali sono stata sempre assolta per non aver commesso il fatto. Ho aiutato la giustizia nelle indagini ed è grazie alle mie dichiarazioni se la banda è stata arrestata. Ma per gli inquirenti era difficile dire che una ragazzina dell’Est, clandestina, li aveva aiutati a catturare quelli della Uno Bianca. La verità non è stata raccontata fino in fondo e ogni giorno emergono nuovi elementi”.
In questi anni Mikula ha tentato invano di mettersi in contatto con le famiglie delle vittime, ventiquattro persone innocenti uccise a sangue freddo dai componenti della gang, perlopiù formata da poliziotti, venendo tutta via allontanata: “Sono stata scacciata come un cane randagio”. A 40 anni di distanza, ha pertanto deciso di scrivere un libro, intitolato “Vuoto a perdere”: “Sono stata sotto regime di protezione del Ministero dell’Interno per quattro mesi, tempo di catturare i componenti della banda, poi niente più. Ho faticato tantissimo per andare avanti, ero totalmente sola, ma alla fine sono riuscita a costruire una vita normale e onesta”.
EVA MIKULA: “FABIO SAVI HA INVIATO UNA LETTERA APERTA A UN QUOTIDIANO…”
Quando è circolata la notizia che Eva Mikula stava scrivendo un’autobiografia, Fabio Savi, il suo ex, dal carcere ha inviato una lettera aperta a un quotidiano, nella quale sottolineava la sua volontà di rivolgersi ai magistrati se lei fosse andata avanti nel suo progetto. “Diceva che dovevamo parlare e che non dovevo fare questa cosa, voleva ancora una volta condizionare la mia vita, come ha fatto in quegli anni. Quindi, gli ho inviato quello che avevo scritto. È stato un modo per dirgli che non mi faceva più paura”, ha rivelato la donna ai lettori de “Il Messaggero”.
Tuttavia, Savi l’ha denunciata per calunnia e diffamazione, affermando che non erano vere le botte, le violenze, le minacce perpetrate durante la loro relazione. Mikula riferisce che all’uomo parlare e raccontare la vita privata in pubblico crea disturbo e rabbia più dei 24 omicidi commessi. “Avevo 16 anni quando l’ho conosciuto, lui ne aveva 32, non avevo famiglia, ero una clandestina venuta dall’Est: cosa volete che capisca una ragazzina di omicidi, di bande? Lui per me faceva il camionista, dopo un anno e mezzo ho scoperto che era un assassino. Non sono fuggita perché avevo paura, non sapevo dove nascondermi”.
MIKULA: “UNO BIANCA HA AVUTO ORIGINE DA UNA SERIE DI INGIUSTIZIE”
Su “Il Messaggero”, Eva Mikula ha poi confidato che Savi era un appassionato di armi e le sue erano tutte regolarmente dichiarate. Ha detto di avergliele viste maneggiare di continuo e di avere imparato a sua volta a conoscerle senza volere. Come ha fatto la donna a fare arrestare la banda? “Attraverso una segnalazione che era partita dall’Ungheria. Sono stata io ad allertare un mio amico giornalista ungherese. Gli ho telefonato per chiedergli aiuto, gli ho detto che i Savi facevano scomparire delle ragazze che non volevano prostituirsi e che avrebbero fatto la stessa cosa con me”.
Quando la giovane Eva ha compreso quello che stava succedendo, era troppo tardi: a suo dire, Savi era gelosissimo, violento. “Non mi avrebbe mai lasciata andare, mi avrebbe cercata ovunque. Ho pensato che l’unica soluzione fosse rimanere neutra ai suoi occhi”. La Uno Bianca ha avuto origine “da una serie di profonde ingiustizie che hanno subìto i fratelli Savi, alle quali le istituzioni non hanno dato risposte”. Intanto, oggi la vita di Eva Mikula è cambiata: ha una bellissima famiglia, dei figli, lavora nel settore immobiliare, si è perfettamente integrata nella società italiana, ha tante amicizie. Inoltre, fa volontariato in un’associazione che contrasta la violenza sulle donne.