L’Agenzia delle Entrate vuole battere cassa e, per farlo, è decisa a stanare coloro che hanno attività all’estero: così sono stata inviate tantissime lettere di compliance per incentivare la regolarizzazione spontanea con ravvedimento operoso per l’anno d’imposta 2019
Evasione fiscale: dati ricavati con il Common Reporting Standard (CRS)
I dati dei contribuenti che nel 2019 avevano attività di vario genere (da proprietà, a società alla detenzione di titoli) all’estero e sono stati rilevati attraverso i dati forniti nell’ambito dello scambio automatico di informazioni secondo il Common Reporting Standard (CRS) nell’ambito delle attività di contrasto all’evasione fiscale. Questo strumento ha infatti evidenziato una serie di nominativi che risultavano essere detentori di redditi titolo di interessi, dividendi e altri proventi in relazione alle attività detenute all’estero, senza però averli dichiarati nel modello reddituale per l’anno 2019.
Anziché andare immediatamente in contenzioso, l’Agenzia vuole pacificamente invitare il contribuente al ravvedimento operoso e quindi nelle missive vi sarà l’invito a regolarizzare la propria posizione pagando soltanto la sanzione agevolata.
Esiste comunque un divieto di utilizzare il ravvedimento operoso speciale per coloro che hanno avuto attività all’estero. Il divieto trova fondamento proprio nell’ultima legge di bilancio 2023 (approvata il 28 dicembre 2022) e, precisamente ai sensi dell’art.1 co. 176 della l 197/2022. Coloro che decidessero di aderire, eviteranno così gli ulteriori controlli da parte dell’Agenzia. Il contribuente riceverà un elenco delle attività e titoli che risultano dalle indagini, queste potranno essere confermate integrate oppure si dovrà dimostrare che quelle attività non sono state costituite mediante redditi sottratti a tassazione ai sensi dell’art. 12 co. 2 del dl 78/2009.
Evasione fiscale: il ravvedimento operoso
Il contribuente potrà dunque procedere al ravvedimento operoso, attraverso una dichiarazione integrativa relativa all’anno d’imposta 2019. Il caso più comune è quello di possesso di conto corrente estero non esposto nel quadro RW della dichiarazione, con contestuale (ma eventuale) omissione degli interessi percepiti sulla giacenza, dato anch’esso esplicitato nel dettaglio nel cassetto fiscale.
Per l’omessa o irregolare compilazione del quadro RW la sanzione varia dal 3% al 15% dell’ammontare degli investimenti e delle attività di natura finanziaria detenuti all’estero non dichiarati, così come previsto dall’art. 5, co. 2, del dl 167/1990, percentuali che raddoppiano se le attività sono in territori a fiscalità privilegiata. Le citate sanzioni sono rapportate all’intero valore non dichiarato delle attività finanziarie, anche se le stesse sono detenute in comunione o cointestate.
Le sanzioni sono ridotte ad un sesto del minimo per coloro che intendano aderire al ravvedimento operoso. Inoltre in caso di omessa o irregolare determinazione dell’Ivafe (imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero) nel quadro RW, la sanzione va dal 90% al 180% della maggior imposta dovuta (quella prevista per la dichiarazione infedele) regolarizzabile con un sesto della percentuale minima attraverso l’uso ravvedimento operoso.
Nei casi di omessa o irregolare indicazione dei redditi di fonte estera vi è l’aumento di un terzo della sanzione poiché i redditi sono stati prodotti al di fuori dai confini nazionali.