Ho scritto in questi anni del Lupin di Netflix, ma ora vi parlo di una serie tv tratta da un fatto reale, la rapina al World Diamond Center di Anversa del 2003. Lupin nasce dalla penna di Maurice Leblan, il ladro gentiluomo dei romanzi e della serie tv è un dilettante rispetto a Leonardo Notarbatolo che insieme e dei complici riuscì a espugnare il caveau più controllato del mondo svuotando 123 cassette di sicurezza su 160 per un bottino di 200 milioni di euro (ma forse erano molti di più). Non soldi cash, ma preziosi: diamanti.



Nessun morto o ferito, nessuna violenza.

In fuga abbandonarono in un cestino dell’autostrada un sacchetto con avanzi di cibo. La polizia belga ricavò i profili genetici e pochi giorni dopo furono arrestati. Notarbartolo scontò sei anni di gabbio in Belgio, non collaborò, non rivelò chi lo avesse ingaggiato e il bottino non è mai stato ritrovato. A suo dire arrivò, però, in Italia.



Everybody Loves Diamonds, la serie tv che rievoca la rapina, è su Prime Video con Kim Rossi Stuart nelle vesti dell’ideatore del colpo. È liberamente tratta dal fatto accaduto, direi completamente romanzata.

Nella prima puntata il furto si è appena concluso, ma non lo abbiamo visto, Leonardo il Genio se ne sta comodo in ufficio e viene arrestato dal tenace e acido commissario di polizia belga per una ricevuta trovata in un sacco abbandonato in campagna. Un trailer di 50 minuti per introdurci alla narrazione della storia.

Si ripercorre la vita di Notarbartolo, l’idea del furto, la costituzione della banda. Oltre a Kim Rossi Stuart, questa è costituita da Gianmarco Tognazzi/Ghigo/esperto di allarmi, Leonardo Lidi /Alberto/ hacker, Carlotta Antonelli/Sandra/ scassinatrice. Il commerciante di diamanti Elia Schilton/Levi, accredita il Genio presso il WDC in cambio del 15% dell’ammontare del furto.



Il nostro ladro è anche playboy, corteggia e fa innamorare la bella direttrice del centro per accedere alle informazioni dei sistemi di sicurezza. Arriva ad Anversa un’ingenua Anna Foglietta/Anna/moglie di Notarbartolo, scopre la tresca amorosa (incazzandosi) e la preparazione del furto, ma… decide di unirsi alla banda.

Una puntata è interamente dedicata all’esecuzione del furto avvenuto tutto in una notte.

Al gabbio si presenta un ingrassato Rupert Everett/John Lovegrove/avvocato, al soldo dei proprietari malavitosi delle cassette di sicurezza: rivuole i diamanti in cambio di assistenza per scagionare il Genio. La ottiene, ma Notarbartolo rivela di non avere il becco di un diamante, è stato gabbato.

Appare il sempre cattivo Malcom McDowell/Gerald Kahn, boss dei boss che sequestra Notarbartolo e i soci che erano tutti a piede libero. Colpo di scena: Ghigo e la scassinatrice avevano inguaiato Leonardo con la ricevuta abbandonata per spartirsi loro due il bottino.

Il Genio del furto l’aveva nasato compiendo un furto nel furto e filosofeggia: Se tu vuoi veramente che gli altri credano quello che tu vuoi fargli credere, allora la finzione si deve impossessare della realtà per diventare ancora più reale.

Ma accade l’imponderabile, non una ma due volte. Ma qui mi stoppo.

Se avete visto Memento di Nolan e vi siete lamentati della narrazione non temporale, qui è un continuo flashback di prima e dopo il colpo senza linearità, intramezzati dal presente.

Kim Rossi Stuart è bravo, la cadenza accentuata siciliana è troppo forzata. Gianmarco Tognazzi assomiglia molto nelle movenze e nelle espressioni al grande Ugo. L’hacker Leonardo Lidi, è un fenomeno con il computer, un Robin Hood contro il potere mondiale, ma un imbranato nella vita.

Troppo giovane la scassinatrice che ci rimanda a The Italian Job con Charlize Theron (altra categoria).

Malcom McDowell è il cattivone torturatore che ci ricorda, qui in maniera macchiettistica quello crudele di Arancia Meccanica.

Gli ebrei, che detengono il commercio mondiale dei diamanti insieme ai Giaianisti (India), non ci fanno proprio una bella figura.

Abbiamo nel finale un cameo con il vero Leonardo Notarbartolo, non è una genialità ma sicuramente rafforza la simpatia per il gesto del Lupin italiano.

Chiaro è che tutto questo è voluto, si attinge dalla commedia all’italiana nello svolgimento della storia e nella caratterizzazione dei personaggi, una banda di mangiaspaghetti ha svuotato il caveau più inaccessibile del mondo. La creatività truffaldina italiana all’opera.

Si prende al tempo stesso a piene mani dalle pellicole sulle grandi rapine e vi è un utilizzo continuo di split screen, flashback, ralenti, un ritmo serrato del montaggio, utilizzati nei film di azione odierni.

Una spruzzata di sesso sadomaso inutile non poteva mancare, così come la figura gay dell’hacker Alberto sotto le lenzuola con l’innamorato, questo per non scontentare nessuno visto che è una coproduzione europea.

Concludo con il claim di uno spot tv, il primo andato in onda in Italia nel 1985 su Canale 5: Un diamante è per sempre. Non era la pubblicità di un gioielliere, ma era una campagna mirata del maggior estrattore al mondo di diamanti, l’azienda sudafricana De Beers, monopolista mondiale allora come oggi.

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