I meme “evil” che rovesciano modi di dire e frasi tipiche di personaggi famosi per farli diventare il contrario di sé stessi, sono la moda del momento. Si prende la foto di un personaggio che può essere un attore, un cantante, un politico o chiunque altro, la si cambia al negativo e la si colloca tra due scritte: in alto la parola “Evil” seguita dal nome del personaggio, poi l’espressione “be like” e infine la loro frase nota rovesciata di senso. In questo modo Mike Bongiorno dirà “tristezza” invece di “allegria” e Martin Luther King comparirà con la scritta “I have a nightmare” (io ho un incubo) invece di “I have a dream” (io ho un sogno); la barca di Orietta Berti “affonderà” invece di “andare” e Nonno Libero di Lino Banfi esclamerà “una parola è più che sufficiente” al posto di “una parola è poca e due sono troppe”.



L’esplodere di questo fenomeno in prossimità di Halloween ha scatenato i soliti tormentoni che alludono al satanismo. Non mi sembra il problema più importante. Il satanismo tra i giovani è, in Italia, una realtà terribile e diffusa ma purtroppo non ha niente a che vedere con i meme e le maschere di Carnevale. Se bastasse così poco il problema sarebbe già risolto. Le riflessioni devono piuttosto muoversi su un altro ordine di considerazioni.



Il “carnevale” che rovescia le regole della società – come il meme che rovescia al negativo le frasi dei personaggi – è un momento divertente perché, appunto, è un momento e uno solo: semel in anno licet insanire (una volta all’anno è lecito impazzire) dicevano i latini. Ed è così perché, paradossalmente, quel momento di svago serviva per mantenere le regole e la compattezza morale e sociale della comunità umana. Il rischio del meme “evil” invece non è tanto quello della deriva luciferina, ma che il paradosso diventi normalità, il rovesciamento della regola qualcosa di scontato e normale invece di essere un momento comico e liberante rispetto a personaggi “sempre a posto”, sempre giusti.



Se il momento del rovesciamento diventasse la realtà abituale, vorrebbe dire abituarsi a vedere le persone come mostri, disumanizzate, private dei loro tratti umani e distintivi. Vorrebbe dire abituarsi a guardarle il contrario di come appaiono, cioè, dal negativo di una fotografia. Il vero pericolo perciò è quello strutturale al web e in particolare ai social: la diffusione e l’amplificazione di un messaggio che senza alcun controllo può diventare rischioso perché provoca assuefazione a ciò che è strano facendolo diventare normale e divertente. 

A questo problema non esiste una soluzione tecnologica. Esiste solo la possibilità della vicinanza ai giovani da parte di adulti, amici o genitori che siano. Solo un’amicizia che riporti alla realtà può aiutare a giudicare lo scherzo per quello che è: una burla che permette di tornare alla verità della vita con un punto di vista più ricco e consapevole.

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