Forse un tempo era tutto un po’ più semplice. Nel 291 a.C. Roma fu investita dalla peste. Dopo aver previsto la fine del morbo con i modelli matematici del tempo (i Libri Sibillini) fu mandata una delegazione in Grecia, ad Epidauro, per aver una statua del dio Esculapio dedito alla medicina, considerato l’artefice della guarigione. La statua di Esculapio (Asclepio per i greci), scolpita su commissione, fu quindi trasportata via mare fino a Roma. Mentre la nave risaliva il Tevere un serpente (simbolo del dio, oggi simbolo dell’arte medica attorcigliato al bastone di Esculapio) scese dall’imbarcazione e nuotò fino all’Isola Tiberina. Fu costruito quindi in loco il tempio dedicato al dio e curiosamente dal 1585 sull’isola è presente uno degli ospedali più importanti in Europa, il San Giovanni Calibita Fatebenefratelli.



Oggi però, non possiamo liquidare con statue e templi la fine o l’andamento di una qualsiasi epidemia, dobbiamo rivolgerci a discipline come la matematica o la fisica, che hanno una funzione predittiva. Tale funzione un tempo non troppo lontano sarebbe passata per arte magica, oggi invece sappiamo che esiste la possibilità di calcolare un numero consistente di variabili aleatorie per tracciare una via previsionale.



Modelli caotici ancora troppo complessi

I metodi utilizzati sono basati su una modellizzazione del contagio basato su distribuzioni statistiche che descrivono la probabilità di avere uno o più contatti e la durata del periodo di contagio. Qui Roberto Battiston descrive un sistema deterministico basato su equazioni differenziali. Con questo modello di previsione il picco della seconda ondata in Italia è stato calcolato e collocato tra il 27 e il 30 novembre e pare proprio sia andata in questo modo.

A giugno avevamo pubblicato nostre considerazioni basate su modelli simili e comparato l’andamento del Covid con quello della Spagnola. La previsione non si è dimostrata distante dalla realtà: non è servito un contenimento duro come a marzo e soprattutto l’impatto è stato in Italia meno aggressivo (almeno per ora) rispetto alla scorsa ondata, soprattutto a livello di decessi. Le criticità sono arrivate dal tracciamento, saltato ad ottobre. Con i contagi a rischio esponenziale si è deciso di attuare chiusure mirate; una scelta forse evitabile se si fosse insistito in modo efficace sul test and tracing a settembre.



I modelli previsionali detti caotici (sono quelli per le previsioni del tempo, per intenderci) sono ancora troppo complessi per essere affidabili. Necessitano di computazione dettata da super computer, big data e tracciamento totale delle interazioni tramite app e satelliti.

Lo scenario ora appare in discesa, i dati – come previsto – sono migliorati tanto da permettere la riapertura di molte attività in questo mese di dicembre, che appare in discesa come appunto calcolato dai modelli.

Il futuro: una terza ondata?

Una comparazione con l’influenza Spagnola ci porta ad una terza ondata primaverile. Tralasciando la variabile vaccini, sarà fondamentale arrivare a fine gennaio con i contagi contenuti. Una stima dell’Istituto superiore di sanità) ci indica una soglia sicura e di abbassamento graduale nel momento in cui fossero sotto i 5mila giornalieri. Sarebbe l’obiettivo da raggiungere per contenere la terza ondata, cercando di superare il periodo natalizio al riparo da contagi in aumento. Bisogna quindi badare al sodo evitando di commettere gli errori di fine estate, ove una serie di fattori portò la curva a livelli che forse avrebbero potuto essere più contenuti.

Obiettivo: non chiudere e contenere

La terza ondata quindi andrà affrontata cercando di chiudere il meno possibile, mantenendo uno scenario di convivenza con il virus, in attesa dell’arrivo dei vaccini, che dovrebbero arrivare tra febbraio e giugno. La media del tempo necessario per ottenere l’immunità (almeno secondo AstraZeneca) è di 6 mesi, quindi il contagio potrà essere azzerato o quasi in vista di ottobre. A livello statistico questo virus ripresenta ondate simili rispetto alla Spagnola che invece arrivò ad attenuarsi. La Covid-19 (al femminile come consiglia Fabrizio Pregliasco) risulta quindi sempre più prevedibile ma altalenante nei sintomi: dall’asintomatico al gravissimo il passo è breve. Senza cure adeguate il 20% s’aggrava e genera pressione sui sistemi sanitari, che vanno tilt non garantendo interventi su altre patologie. Questo è l’aspetto più complesso della Covid-19, un virus che non è la peste ma a cui non basta una statua dedicata per lasciarci in pace: servono organizzazione, tracciamento e tanta pazienza.

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