La visione evoluzionista darwiniana rappresenta l’evoluzione come un albero, cioè con un tronco (la specie arcaica primordiale), da cui prendono vita i rami (le specie successive), quindi altri rami e così via. E il modo di nascere dei “rami” è duplice: un cambiamento casuale (oggi sarebbe un cambiamento del Dna) e una selezione che annulla e fa morire le mutazioni meno adatte alla vita. Questo quadro non prevede invece che i rami possano nascere in altro modo. Quale?
Lo abbiamo visto nelle puntate scorse, dove abbiamo mostrato che accade talvolta che una specie “inietti” in un’altra specie parte del suo Dna, provocando non delle mutazioni casuali ma degli scambi a vantaggio reciproco. Insomma sembra proprio che certe specie dialoghino tra di loro scambiandosi in maniera minuscola, nascosta ma efficiente dei pezzetti di genoma, di Dna. Questo mette in crisi la visione rettilinea dell’evoluzione, come abbiamo visto per alcuni casi di nascita di resistenza ad antibiotici in certi batteri, per scambio reciproco di geni della resistenza.
Le implicazioni di questo passaggio di Dna tra specie, detto trasferimento genico orizzontale (Tgo), vanno ben oltre il problema della resistenza agli antibiotici. Tali implicazioni comprendono l’intera questione di come funziona l’evoluzione – con meccanismi classici darwiniani o meno? – e di come ha funzionato per gran parte degli ultimi quattro miliardi di anni.
Il Tgo contraddice la convinzione che le specie batteriche siano fisse e incomunicabili. Se i geni attraversano abitualmente il confine tra una specie di batteri e un’altra, in che senso questo sarebbe davvero un confine? Nel 1999, le scoperte erano progredite a tal punto che Ford Doolittle, un ricercatore e teorico di Halifax, in Nuova Scozia, ha pubblicato un documento di sintesi nella rivista Science che ha messo il Tgo al centro di una nuova discussione: se è davvero possibile classificare organismi in un “ordine naturale” posizionandoli su un albero della vita schematico. Doolittle illustrò – letteralmente – le difficoltà con la sua figura disegnata a mano di quello che chiamava “un albero reticolato”.
Nuove ricerche, con il passare del tempo, hanno mostrato che i geni sono stati persino trasferiti tra organismi complessi. Ad esempio: esiste un particolare gruppo di piccoli animali noti come rotiferi, noti in tutta la biologia molecolare per i loro enormi carichi di geni provenienti da altri animali. Un grande rotifero potrebbe essere lungo un millimetro, appena abbastanza grande da vedere, ma per quanto piccoli, non sono creature a cellula singola. Sono animali pluricellulari. Quando i ricercatori di Harvard hanno sequenziato sezioni del genoma in una specie di rotifero, hanno trovato almeno 22 geni che devono essere arrivati mediante trasferimento orizzontale. Alcuni di questi erano geni batterici, altri erano fungini. Un gene proveniva da una pianta. I lavori successivi hanno suggerito che l’8% dei suoi geni era stato acquisito mediante trasferimento orizzontale da batteri o altre creature diverse. I geni passano tra gli animali? Questo doveva assolutamente essere impossibile. Non lo era.
Il Tgo ha iniziato a ritrovarsi anche tra gli insetti. Il caso più emblematico fu una specie di moscerino della frutta, che aveva accettato quasi l’intero genoma di un batterio noto come Wolbachia – più di un milione di lettere di codice genetico – nel suo genoma nucleare. Ancora una volta, questo doveva essere impossibile.
E ricerche più recenti hanno trovato prove del Dna batterico trasferito orizzontalmente nei genomi dei tumori umani. Che cosa significhi questa rivelazione vertiginosa non è ancora chiaro, ma c’è almeno qualche possibilità che tali inserzioni possano avere un ruolo nel causare il cancro. L’inserimento del trasferimento genico orizzontale nell’elenco dei sospetti agenti cancerogeni lo porta fuori del mero dibattito interno alla microbiologia per assumere tratti inquietanti per l’uomo.
L’effetto cumulativo di queste scoperte è stato quello di mettere in discussione tre concetti che abbiamo a lungo considerato categoricamente solidi: i concetti di specie, di individuo e di albero della vita. Ora possiamo capire meglio. I confini tra una specie e l’altra non sono così chiari e impermeabili come pensavamo. L’individuo vivente, incluso l’individuo umano, è una cosa singolare, sì, ma allo stesso tempo un mosaico di forme di vita e geni di varia origine. E l’albero della vita, come ho detto prima, non è un albero. Cioè, la storia della vita non è come una qualsiasi pianta arborea che abbiate mai trovato in una foresta. Infatti, è più aggrovigliata ma soprattutto ha questo fatto fondamentale che contraddice la dogmatica dei seguaci tradizionalisti di Darwin: i suoi rami talora si fondono fra loro.
Tutto questo Darwin non poteva saperlo. In realtà queste scoperte non mettono in dubbio l’impianto di base della sua teoria, perché anche se trasmessi da una specie all’altra invece che avvenuti per mutazione casuale, poi i tratti genetici nuovi possono essere stati mantenuti per selezione naturale. Tuttavia, chi pensasse che la mutazione casuale sia l’unica via di evoluzione del Dna qui trova una drastica confutazione.
(3 – continua)